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Nella prospettiva del lago Maggiore, “Io, l’etera e la ballerina” recensito da “L’Eco Risveglio” di Verbania

Riconoscimento per Giacinto Zappacosta, vastese trapiantato in Piemonte. La sua recente pubblicazione, che fa seguito a “Conchiglie sparse”, è stata recensita da “L’eco Risveglio”, antica e diffusa rivista di Verbania. Tra l’altro, il nostro concittadino, nel colloquio col giornalista Manlio Scimeca, parla del prossimo lavoro, nel quale è già impegnato, vale a dire un’opera, ancora allo stato embrionale, ispirata alle bellezze naturali del Lago Maggiore, un lembo di Piemonte abbellito dalle Alpi e dai fiumi che, copiosi, si gettano nel Lago Maggiore, nel punto esatto in cui le Isole Borromee fanno mostra di sé.

Quanto all’ultima opera di Zappacosta, il cui sottotitolo è “Storie di amori, di sesso e di cultura”, riportiamo l’introduzione, scritta dall’autore stesso, utile a capirne l’impianto.

Dopo “Conchiglie sparse”, eccomi al compimento di un’altra fatica letteraria, anch’essa resa con la struttura del prosimetro, prosa e poesia che si intersecano, rincorrendosi, a rendere vivide immagini di un’esperienza di vita ormai assai corposa. Le differenze fra i due romanzi sono comunque, in palese evidenza, del tutto marcate, laddove la precedente pubblicazione, in quanto ordinata quale sceneggiatura, non conosce, se non per l’essenziale, descrizione di stati d’animo, di luoghi, di situazioni, ivi prevalendo i dialoghi, che, nella mia idea, se si avverasse, dovrebbero trovare colore in un’ampia azione scenica, film o rappresentazione teatrale che sia. “Conchiglie sparse”, in ogni caso, ritengo sia godibile anche da un punto di vista letterario. Viceversa, in “Io, l’etera e la ballerina” mi addentro nella narrazione, fino a definire i personaggi nelle fattezze fisiche, nei risvolti psicologici, i luoghi e gli sfondi nel mutare delle stagioni e nei contesti che danno corpo alla trama. La quale, e siamo ad un’ulteriore diversità, è notata da una robusta connotazione culturale, non accessibile a tutti. Quello che voglio significare è che la lettura del presente libro presuppone una buona preparazione di fondo, ad esempio filosofica, in difetto della quale non vale la pena sfogliarne le pagine. Chi in effetti conosce Socrate comprenderà il motivo del ridere, così come lo racconto, in capo a due personaggi. Così come, penso, un attento lettore capirà il senso della frase, che può essere riguardata quale compendio, laddove dico: “La migliore donna, la più amabile, conclusi tra me e me, è quella che non puoi avere”. Nel che, a mio avviso, più che una visione pessimistica, alberga un’idealità. 

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