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Violenza, individuo e società. Una ragazza apre il fuoco a scuola, morti 3 bimbi e 3 adulti. Intervista al professor Guido Brunetti

Il caso di un’ex studentessa che ha aperto il fuoco con due armi e una pistola in una scuola di Nashville negli Stati Uniti, uccidendo 3 bimbi e 3 adulti ripercorre una dinamica tragicamente identica ad altri numerosi episodi, lasciando una infinita scia di disperazione e di dolore. “E’ un incubo, dobbiamo fare di più contro la violenza” ha dichiarato il presidente Joe Biden. Si tratta di un fenomeno complesso che approfondiamo con il professor Guido Brunetti, autore di numerosi libri e saggi nel campo delle neuroscienze, della psichiatria e della psicoanalisi.

  Professor Brunetti, occuparsi della violenza significa occuparsi delle sue cause profonde?

  “Chiamatemi Ismaele”, così inizia “Moby Dick” di Melville. La mano di Ismaele sarà contro ogni uomo e la mano di ogni uomo- afferma la Bibbia- sarà contro di lui”. Melville vede un adolescente in crisi spinto verso una violenza e verso l’autodistruzione a causa di conflitti e di forti pressioni interne divenuti impossibili”.

I fattori principali.

  “Disordini mentali, disturbi psichiatrici, malessere esistenziale, instabilità emotiva, sindrome persecutoria, odio, risentimenti, bisogno sadico di far soffrire, traumi e violenze nell’infanzia, deprivazioni affettive ed emotive, famiglie disgregate. Altri elementi sono legati a frustrazioni, solitudine interiore, l’assenza di progettualità, scarsa autostima”.

 Che cosa angoscia la persona, soprattutto il ragazzo?

  “Non abbiamo avvenire. Non abbiamo fiducia in una società- dicono i ragazzi- che non fa niente per porre fine alla violenza, alle ingiustizie, al decadimento sociale, all’inquinamento. La loro ansia deriva dal fatto di vivere in una società senza futuro, che li tiene in una condizione di dipendenza emotiva, assenza di modelli sicuri e certi, un mondo che non ha bisogno di loro. E’ un malessere che nasce da un forte stato di delusione. Provano una condizione di smarrimento e di estraniamento, si sentono staccati dagli altri. La famiglia e la scuola poi si mostrano impotenti e non riescono a risolvere le loro profonde ferite mentali e spirituali”.

C’è una mancanza di controllo emotivo?

 C’è un prolungamento dell’adolescenza. I ragazzi si sentono parassiti della società e odiano quel mondo che genera tale percezione. Non imparano a reprimere l’aggressività, ad esprimere le proprie emozioni e i propri malesseri se non con atti di aggressività e violenza. Non riescono quindi a interiorizzare i controlli del Super-Io sui loro impulsi negativi. Non posseggono le strutture mentali ed emozionali per controllarli o limitarli. Un vuoto interno e tante spinte inconsce, un odio verso se stessi e verso il mondo. Già Freud teorizzava i rovinosi effetti di una super-repressione delle emozioni, sottolineando la necessità di trasformare gli stati d’ansia e di angoscia irrazionali in motivazioni razionali”.

C’è un nuovo sistema di repressione?

  “Il nuovo sistema di repressione è pieno di contraddizioni. Emerge una società priva di sensibilità, di raziocinio, alienante, incomprensibile, stressata. Una società affascinata dalla violenza, dal sesso, dalla droga e dalla follia. Manca il progetto di dare indirizzo alla società e alla vita intellettuale. Affiora un sistema educativo senza senso, con scelte pedagogiche irrazionali, e tanto permissivismo”.

Esce fuori un problema di enorme importanza…

  “Gli esseri umani hanno una tendenza neurobiologica a rapporti affettivi ed emotivi positivi e gratificanti. Quando intervengono situazioni che contrastano la realizzazione di questa tendenza, si scopre l’infinita capacità della persona di provare sofferenza, solitudine, rabbia, violenza. Sono comportamenti antichi, ancestrali, che assumono molte sfumature. Ci sono numerose ricerche neuroscientifiche che mostrano la presenza di sistemi cerebrali che generano comportamenti aggressivi e violenti. Un sistema che esiste in tutti i cervelli dei mammiferi. Tra gli esseri umani, ci sono psicopatici, sociopatici, narcisisti, egocentrici. Ci sono individui che vogliono danneggiare gli altri e che godono nel farlo. Hanno radici ancestrali, un potente sistema di neuroni e aree cerebrali”

Professor Brunetti, come concludere questo tema, tanto difficile e tanto affascinante?

  “Una cosa è certa. La violenza è un problema scientifico, culturale e sociale di proporzioni colossali. Ciò mette in evidenza il bisogno di interventi, strategie, programmi e cure che  concorrano a studiare, comprendere e limitare il fenomeno. Ci sono ricerche che mostrano come animali con lesioni e patologie divengono docili in virtù di esperienze prosociali”.

                                                                                                                         Anna Gabriele

 

 

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