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Intervista a frate Cionfoli, cantante e cantautore, 4° classificato a “San Remo 1982”

 

Continua la nostra rubrica di interviste ai grandi cantautori italiani. Dopo Vincenzo Spampinato e Gianni e Chiara Bella, oggi è il turno di Giuseppe Cionfoli (Erchie, Brindisi, 18 ottobre 1952). È meglio noto come Frate Cionfoli, dato che all’inizio della carriera era un cappuccino. Esattamente quarant’anni fa, egli arrivò quarto al “Festival di San Remo 1982” con il grande successo “Solo grazie”. La sua partecipazione al Festival della Canzone Italiana destò molto clamore all’epoca, perché per la prima volta un religioso era in gara. Qui di seguito potete leggere l’intervista, che gentilmente Giuseppe ha voluto rilasciare al nostro giornale.

Salve Giuseppe. Per prima cosa vorrebbe raccontare dei suoi inizi in campo musicale?

In realtà da giovane non avevo alcuna intenzione di intraprendere la carriera di cantautore, la mia vera passione sono sempre state la pittura e la scultura. Per semplice svago iniziai a strimpellare la chitarra, anche se mi vergognavo di cantare in pubblico. Successivamente, durante il noviziato in convento, mi sbloccai e cominciai a comporre le mie prime canzoni. Ciò che poi ne subentrò fu del tutto casuale, compresa la mia partecipazione a “Domenica in”, nel 1981. Infatti in quella edizione della trasmissione, condotta da Pippo Baudo, era prevista una gara di giovani talenti musicali. Visto che avevo appena inciso, presso una casa discografica, l’album “Nella goccia entra il mare”, chiesi al discografico di inviare il mio lavoro a “Domenica in”. Per pura combinazione fui selezionato per il provino e, dopo averlo passato, finii per andare in televisione, cantando proprio il brano “Nella goccia entra il mare”, tratto dal suddetto disco. In seguito, grazie al successo che riscosse l’album, riuscì anche a partecipare a San Remo.

A proposito del “Festival di San Remo 1982”, cosa può dire riguardo la sua partecipazione?

Senza dubbio è stata una bellissima esperienza, a prescindere dall’ottimo piazzamento che ottenni nella classifica finale. Inoltre per me San Remo è stata una vetrina incredibile, che mi ha consentito di esibirmi in tournée e concerti in tutt’Italia e persino in giro per il mondo. Per non parlare, poi, del successo che ha avuto il brano che interpretai all’Ariston, cioè “Solo grazie”. Non a caso l’omonimo album ha venduto circa 2 milioni e mezzo di copie, classificandosi 5° nella “Hit Parade” di quell’anno.

All’epoca un frate cappuccino che cantava in televisione fece molto clamore. Oggi, invece, non è più così raro vedere dei religiosi calcare le scene del mondo dello spettacolo, basti pensare a Suor Cristina o al “presbitero-conduttore” Davide Banzato. Lei si considera una sorta di pioniere per questa generazione di “ecclesiastici artisti”?

Beh sì. Si potrebbe dire, infatti, che essi sono un po’ tutti “figli miei”, specialmente nel campo musicale. La differenza, però, è che io componevo e cantavo brani pop e rock con testi “religiosi”, mentre questa nuova generazione interpreta canzoni che sono “da chiesa” sia nei testi che nelle melodie.

Come riuscì a far convivere la mondanità del successo canoro con la sua vita da cappuccino?

Di fatto non ho goduto appieno del successo e della gloria derivati dalla mia carriera musicale. Quando ero in tournée, ad esempio, dopo aver terminato i concerti ero costretto a tornare subito in hotel, nascondendomi dai riflettori.

Lei, ad un certo punto, ha preso la decisione di svestirsi dei suoi abiti monacali. Per quale motivo?

Quando ho iniziato la mia avventura musicale, era in carica un generale dell’Ordine dei Cappuccini che appoggiò sempre la mia carriera. Più tardi, però, gli subentrò un generale che invece era totalmente avverso alla mia attività canora. Infatti, dopo la mia seconda partecipazione a San Remo, nel 1983, egli mi costrinse a scegliere fra il saio e la musica, non capendo l’importanza e la potenzialità di quello che stavo facendo. Così decisi di lasciare il convento. Allora mi dispiacque, ma oggi, quando penso a mia moglie, ai miei figli e a i miei nipoti, credo che lo rifarei altre mille volte.

Per concludere, potrebbe raccontare quali sono i suoi progetti per il futuro?

Negli ultimi anni mi sono dedicato al mio primo amore, ovvero alla pittura ed alla scultura, organizzando varie mostre sulle mie opere in giro per il mondo. Anche se oggigiorno, a causa dell’emergenza, pandemica è praticamente impossibile tenere qualche altra esposizione o svolgere qualsiasi tipo di iniziativa. Invece per quanto riguarda la musica, di recente ho lavorato assieme ad una casa discografica britannica ad un progetto su Medjugorje, intitolato “I Messaggi di Medjugorje”, che si può facilmente reperire su YouTube.

Cesare Vicoli

 

 

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