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D’Alessandro: “Vorrei Sgarbi Sindaco, la politica è finita da tempo”

Ieri, oggi, le candidature per l’anno prossimo, un sogno e un’analisi spietata. Quando abbondano le chiacchiere e le supposizioni oscurano i fatti, quando riparte l’agitazione in vista dell’appuntamento elettorale più sentito, c’è bisogno di fare un’intervista, di far parlare qualcuno, di farlo venire allo scoperto perché si assuma la responsabilità, attraverso le parole virgolettate, di fare chiarezza sulla situazione politica a Vasto. Ho scelto Davide D’Alessandro perché lo conosco da oltre trent’anni e so che non ha problemi a entrare anche a gamba tesa, se lo ritiene opportuno, fregandosene totalmente di eventuali interventi arbitrali.

Allora, Consigliere, come reputa la situazione attuale della politica vastese?

Se ci conosciamo da oltre trent’anni e cominci chiamandomi Consigliere e dandomi del lei, l’intervista può chiudersi qui”.

Bene, allora come reputi la situazione attuale della politica vastese?

“Quale politica?”.

Come quale politica? Quella della nostra città…

“Ma quella della nostra città, come quella regionale e nazionale, non è politica”.

E che cos’è?

Posto che nessuno saprebbe dirtelo meglio di Rino Formica (mente sopraffina, uno che a 93 anni gioca ancora a palline, quanto a visione prospettica,con i fenomeni da baraccone di oggi, destinati a sciogliersi come neve al sole), da diversi anni si è trasformata in passatempo amministrativo quotidiano. Manca la materia prima. Non è una nobile arte in crisi. È una nobile arte finita per assenza di protagonisti, di cultura, di studio. Enzo Biagi, quando leggeva che c’era stato un vertice tra Longo, Piccoli, Craxi e Spadolini, non pensava all’Himalaya. Se leggesse dei vertici con i fenomeni di oggi, secondo te, a quale collinetta penserebbe?”.

Va bene, ma anche se è un passatempo amministrativo quotidiano, fra un anno si torna a votare e i cittadini sono chiamati a confermare o a cambiare.

A confermare o a cambiare che cosa? Il passatempo amministrativo quotidiano? A cambiare chi e con chi? Il contributo di chi si occupa di questo passatempo è desolante. Tranne rarissimi casi, qui sono ancora in tanti a non leggere non dico libri, ma giornali. Non sanno che in edicola, la mattina, si vendono i giornali. Qualcuno sfoglia Il Centro dentro o fuori il Comune, va alla pagina di Vasto, guarda le foto e lo richiude. Non riesce ad andare oltre. C’è un impoverimento mostruoso. Lo vedi dalle delibere, dai comunicati stampa, dai penosi confronti che tentano di fare sui siti locali. E sono sempre al telefono! Con chi parlano? Magari hanno preso i voti, hanno famiglie numerose, tanti compari, ma in Aula sono fantasmi, non ne avverti la presenza. A qualcuno, prima o poi, con un miracoloso gratta e vinci riesce persino di andare all’Aquila, a Roma, a Bruxelles, ma porta con sé il vuoto, trasporta l’aria, si sente uno scienziato e pensa di poter cambiare i destini del mondo. Eppure, non diventi uno scienziato della politica solo perché improvvisamente ti capita di guadagnare 10, 15, 20 mila euro al mese. Il Parlamento è pieno di nominati. Molti parlamentari avrebbero problemi a prendere anche i voti di un condominio del Villaggio Siv. Molti di loro, uno come Craxi, non li manderebbe neppure dal fioraio a comprare i garofani rossi da portare al Congresso Psi. Se quando i politici erano Politici, Pound li riteneva camerieri dei banchieri, pensa oggi, che non sono neppure politici, come li riterrebbe”.

Allora, come se ne esce?

“Mangiando questa minestra, per chi ritiene ancora di doverla mangiare, o ritirandosi in buon ordine”.

È una dichiarazione di resa?

“O di dignità, dipende dai punti di vista”.

Sembra che tu stia per scendere dalla macchina…

“Non ho la macchina. Vado a piedi. A meno che…”.

A meno che…

“Non salti su qualcosa in grado di stupirmi con effetti speciali”.

Da 0 a 100 quante probabilità ci sono?

“0,01”.

Ma dicono che i partiti abbiano riconquistato centralità, si riparla persino di coordinatori cittadini, di organizzazione del consenso…

“Dove, a Pollutri? I partiti sono stati annientati nel 1992, poi è iniziato lo show e con lo show servono nani, ballerine e imbroglioncelli, che Formica aveva peraltro già individuato all’interno del suo partito prima che il declino diventasse inarrestabile. Dammi retta. Ci vogliono sale da ballo, club privé, tanta spregiudicatezza e, se ti sai muovere, soprattutto fisicamente, nulla ti è precluso. Che ci fai con le Aule? A che servono?”.

Ma io volevo fare un’intervista per capire cosa si muovesse nella pentola e ne sta venendo fuori un pasto bruciato…

“Ma cosa vuoi che ne sappia io della pentola! Non sono certo neppure che esista più la pentola. So che l’odore della partita rimette in gioco un po’ di gente, fa tornare l’acquolina in bocca a qualche mariuolo; ma sono piccole cose, capisci, miserie umane di chi acchiapperebbe pure le briciole dell’eventuale tortina, cose che non mutano il quadro di una città sprofondata nel dramma”.

E Marco Di Michele Marisi?

“La vuoi una battuta?”.

Magari!

“Sarebbe una sfida tra Marco a colori e Menna in bianco e nero. E io sono pure juventino… Poi, voglio bene a entrambi, sono due bravi ragazzi”.

Insomma, chi vorresti?

“Vittorio Sgarbi”.

È una boutade?

“Macché boutade! Sarebbe l’unica soluzione per rinascere. Altro che Sindaco di Sutri! Lo proposi già diversi anni fa. Avrebbe fatto un sol boccone di Lapenna e compagni, cancellato tutte le mediocrità esistenti, ridato immagine e slancio a un intero territorio. Un’occasione di intelligenza”.

Ma un Sindaco donna ti piacerebbe?

“Mi piacerebbe un Sindaco donna capace di fare politica, di ricreare un’occasione alta di confronto, di dibattito tra alcune parti vive della città, che pure esistono, e di amministrare, di mettere insieme persone e idee. Un Sindaco donna capace di ricreare entusiasmo, di muovere passioni, di alimentare un movimento ampio, costruttivo, di andare con le sigle oltre le sigle, di abbracciare tutti i cittadini, di farsene carico, di mettere in cantiere opere per rivoltare la città come un calzino. Sindaco donna e basta a che serve? Va bene per la sala da ballo, ma la politica, non il passatempo, è sangue e merda”.

Ancora con Formica?

“Ognuno cita le persone che conosce e stima”.

Insomma, proponi Alessandra Cappa?

“A chi la propongo, a te?”.

No, alla coalizione.

“Quale coalizione?”.

La coalizione di centrodestra.

“Coalizione è parola grossa ed essendo parola grossa, negli ultimi quindici anni il cosiddetto centrodestra è andato a infrangersi sempre contro il muro. Ci vuole tanta roba per vincere e convincere, per ribaltare. Bisogna saper guardare dentro e fuori, sapendo che dentro c’è sempre chi rema contro, a Vasto e lontano da Vasto. Questa città è diventata la periferia dell’estrema periferia d’Abruzzo. Fa comodo a tanti, nel cosiddetto centrodestra e nel cosiddetto centrosinistra, tenerla così. Ci vorrebbe una ribellione vera, comunitaria, per riprendersi ciò che è di Vasto, ma a chi lo dici, con chi ne parli? Quanto ad Alessandra, in questi anni ha maturato esperienza amministrativa, è una persona seria, non sculetta, non è incline all’avanspettacolo, è un avvocato che parla quando sa, è stimata in tanti ambienti, conosce la fatica del concetto e comprende che le risposte semplici alle domande complesse sono quasi sempre risposte sbagliate. Ovviamente, non facendomi mancare alcunché, all’inizio ho litigato anche con lei e a brutto muso, ma almeno ho litigato con una persona intelligente. E le persone intelligenti non dovrebbero essere proposte, poiché brillano di luce propria.Ma, sai, chi brilla di luce propria infastidisce chi vive nell’oscurità.In un altro contesto sarebbe Sindaco da anni”.

Come andrà a finire l’anno prossimo?

“Se non siamo già andati a finire, rivolgiti all’oroscopo. Chiedi a Paolo Fox”.

Nessuna speranza?

“Ah, se è per questo, Spes contra spem, direbbe Marco Pannella, ma ora devi tradurre il latino per i nani e le ballerine.È stato l’ultimo grande abruzzese, un gigante della politica. Ti ricordi quando gli feci due paginate di intervista?”.

Come no!

“Gli chiesi il titolo e lui d’istinto dettò: Sono un cafone abruzzese che crede alle idee. Poi i cafoni sono morti e sono rimasti somari e vacche. I somari alzano la mano in Aula, le vacche fanno anche il latte. Ma la politica è un’altra cosa. Adesso vattene, chiudi il telefono, che devo chiamare Formica…”.

Alfonso Di Virgilio

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