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Emergenza cinghiali a Vasto e nel vastese: a che punto siamo?

Sono circa dieci anni che a Vasto e nei comuni dell’alto vastese gli agricoltori devono fare i conti con il problema dei cinghiali. “Tutti gli anni sono numerosissime le lamentele che riceviamo; con il passare del tempo la situazione diventa sempre più penosa, soprattutto per i comuni dell’alto vastese, come Palmoli, nei quali capita tutte le sere di trovare cinghiali che passeggiano per le strade del paese”- denuncia il dottor Giuseppe Di Pietro, responsabile della Coldiretti di Vasto. Recentemente, perfino in via dei Conti Ricci, a Vasto, sono stati avvistati due cinghiali che hanno creato danni agli automobilisti; uno dei due, infatti è andato a scontrarsi con una vettura in transito. Negli ultimi anni, infatti, i cinghiali sono diventati un vero pericolo per la sicurezza pubblica. E’ quasi certo, inoltre, che siano i responsabili della trasmissione della tbc agli orsi. Tornando al problema principale di cui si fa portavoce la Coldiretti,  ogni anno sono inoltrate alla provincia richieste di risarcimento danni da parte di moltissimi agricoltori, le quali, però, non contribuiscono realmente ad aiutarlo. “Il risarcimento è irrisorio, è pari al 23% : questo significa che se si sono subiti danni per circa 1000 euro, si hanno dalla provincia appena 230 euro”- spiega Di Pietro. Le normative, infatti, sono rimaste ferme alla situazione di sette o otto anni fa, che non presentava condizioni d’emergenza come oggi. Proprio per questo, a dicembre, la  federazione provinciale della Coldiretti, in collaborazione con tutte le organizzazioni locali, ha sottoposto all’attenzione del presidente della provincia di Chieti Fulvio Rocco De Marinis, un documento in cui chiede di prendere misure urgenti contro il problema. Nel documento, è stato richiesto il maggior contenimento della flora selvatica nelle aree destinate, l’estensione della caccia in zone dove questa risulta vietata, la velocizzazione del riconoscimento dei danni e del pagamento degli indennizzi agli agricoltori e di creare una filiera della carne del cinghiale con il coinvolgimento degli enti competenti, vale a dire del Servizio Venatorio regionale, delle Organizzazioni Professionali agricole, dei comuni che dispongono di mattatoi e degli Ambiti Territoriali di Caccia per evitare che venga alimentata un’economia sommersa senza alcun controllo sanitario. A fronte di queste richieste a metà gennaio il presidente della provincia ha ricevuto una delegazione della Federazione provinciale della Coldiretti, che ha esposto nuovamente le sue preoccupazioni per la situazione. Il presidente De Marinis ha inoltrato il documento redatto dalla federazione della Coldiretti al presidente della regione Abruzzo Luciano D’Alfonso. “Siamo in attesa di risposte” – commenta Giuseppe di Pietro. Nel frattempo, la situazione, continua a rimanere grave.

Nausica Strever

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