La continua propaganda populista del centrodestra vastese continua a gettare nel caos l’opinione pubblica, ventilando timori e paure irrazionali al solo scopo di ergere il paladino di turno a difensore della Patria – o ad altre figure nazionaliste autoproclamate utili solo a riempire le bocche.
L’ultima vicenda in cui tristemente osserviamo questo comportamento che abbiamo imparato bene a conoscere riguarda l’arrivo da Lampedusa nella nostra regione di 55 migranti, dei quali 30 saranno ospitati a Vasto e 25, inizialmente assegnati a una struttura di Paterno (nella Marsica) poi rivelatasi inidonea, tra Vasto e L’Aquila.
L’atteggiamento osservato è sempre lo stesso sia per quanto dichiarato da Fratelli D’Italia a Vasto, sia per quanto “denunciato” dalla consigliera regionale Bocchino della Lega, che galvanizzano abilmente le emotività della cittadinanza avanzando ragioni sanitarie e securitarie: ritenere l’arrivo dei profughi una piaga, come fossero, in quanto tali, la rovina del territorio.
Una cosa è certa: il sistema Sprar, a cui il Comune di Vasto ha aderito, ha dimostrato nel tempo di essere il più efficiente per favorire l’integrazione tra persone e culture e lo sviluppo dell’essere umano, come dimostra l’esempio virtuoso – e forse per questo tanto osteggiato da chi abbraccia la xenofobia – messo in pratica a Riace da Mimmo Lucano.
Le argomentazioni portate contro i migranti sono svariate, ma hanno un sbocco comune: l’attacco aprioristico, l’indicazione di un nemico. Poco importa se i dati non rispecchiano le parole (i migranti in arrivo a Vasto, come dichiarato dal Sindaco Francesco Menna, sono tutti negativi al COVID-19), poco importa se ci sono della cause sociali da indagare in episodi di degrado e abbandono che possono preoccupare (e tra queste ci sono i Decreti Sicurezza, che hanno consegnato persone alla strada, tra le braccia della criminalità): chi ha un obiettivo prefissato, quello di umiliare il povero, il debole, lo strano, cerca una strada per aggredirlo, non curandosi di quanto sia assurda, becera o fascista e, in seguito, cerca soluzioni-show, magari prendendo a martellate una fontana.
Un’altra cosa è certa: l’ostilità dichiarata nei confronti del diverso, visto come male a priori, è figlio dell’incapacità di concepire un progresso, un futuro, una prospettiva per la nostra città e l’intero Paese; elementi che passano necessariamente non per l’eliminazione della tradizioni – cosa di cui i retrogradi accusano con maestria chiunque provi a muovere un passo avanti per scorgere un’opportunità – ma per il loro sviluppo.
Proprio così, le tradizioni sono un costituente fondamentale della cultura e, proprio come questa, sono dinamiche, fluide, fioriscono quando e dove non ti aspetti: in una strada abbandonata, in una nuova amicizia, in un ragazzo che arrivato in Italia si forma e contribuisce alla collettività, in uno straniero che salva un negoziante in difficoltà – che magari lo assume gonfio di orgoglio – e nella bellezza che sboccia quando si decide assieme come migliorare le nostre vite, senza odi reciproci, senza pregiudizi, senza i “prima gli”; perché il patto sociale, come lo Stato di diritto, funziona così, è universale, proprio come diritti e doveri.”
Andrea Benedetti, Possibile Vasto