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Punta Aderci, gli esperti: “Ora il rimboschimento”

Rimboschimento con specie arboree della macchia mediterranea e azioni di monitoraggio per evitare l’attecchimento di piante esotiche che possono avere la meglio su quelle autoctone, mettendo a rischio la biodiversità.

Sono gli interventi che gli esperti della Cogecstre si accingono a mettere nero su bianco dopo il sopralluogo compiuto ieri nella riserva naturale di Punta Aderci dal professor Gianfranco Pirone, già ordinario di ecologia vegetale e geobotanica alla facoltà di scienze dell’Università dell’Aquila, dalla botanica Caterina Artese e dall’ecologo Vincenzo Ronzitti.

Si contano i danni dopo l’incendio che domenica scorsa ha divorato la falesia, la vegetazione protetta e una parte dell’ambiente dunale. Accompagnati da Alessia Felizzi, referente della cooperativa di Penne che ha in gestione l’area protetta, il gruppo di esperti è rimasto sul posto dalle 10 alle 13 per rendersi conto di quanto è andato perso e di come intervenire per il ripristino ambientale.

E’ già in programma un secondo sopralluogo più mirato visto che quello eseguito ieri era più che altro finalizzato ad una prima ricognizione.

I danni sono gravi”, dice Caterina Artese, “l’incendio, che in alcuni tratti ha bruciato parecchio, ha messo in luce le criticità della falesia che è facilmente erosibile. La prima cosa da fare ora è recintare la zona ed interdirla al pubblico. Se non ci sarà un secondo rogo e con le opportune cautele la vegetazione dunale potrà riattecchire e riacquistare la sua bellezza. Purtroppo nel rogo è andata persa anche la microfauna rappresentata soprattutto da anfibi. Noi proporremo alcuni interventi di ripristino ambientale con la speranza che ci siano i fondi necessari. Occorre nello specifico”, spiega la botanica, “procedere al rimboschimento con specie arboree della macchia mediterranea e ad un monitoraggio della vegetazione per evitare che non attecchiscano specie esotiche che possono avere il sopravvento su quelle autoctone. Questa potrebbe essere l’occasione per chiudere un’area e fare interventi sostenibili”, conclude la botanica.

Altro problema è relativo alla bonifica della falesia. L’impatto visivo del paesaggio brullo e desolato è reso ancora più forte dai tanti rifiuti che sono emersi: lavatrici, frigoriferi, bombole di gas e pneumatici. Discariche a cielo aperto, prima non visibili a causa della folta vegetazione, ma che ora rappresentano l’ennesimo pugno in un occhio e testimoniano la totale assenza di senso civico da parte della maggioranza delle persone che frequentano quei luoghi.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

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