Domani 3 maggio approda in Cassazione il processo per tentato omicidio a carico del finanziere in congedo Francesco Leuci, 57 anni, che il 25 settembre 2016 nel centro di Vasto colpì con un fendente l’ex compagna Michelina Potenza. Poche ore dopo i fatti l’uomo, peraltro affetto da una patologia psichiatrica depressiva conclamata, si era costituito alle forze dell’ordine mostrandosi da subito sinceramente pentito per quanto accaduto. In primo grado Leuci era stato condannato a 6 anni e due mesi di reclusione.
Un anno fa la Corte d’appello ha ridotto la pena di due anni e due mesi condannando Leuci a 4 anni di reclusione riconoscendo le circostanze attenuanati Sin dal primo grado di giudizio il processo si è incentrato sullo scontro di perizie medico-legali finalizzate a verificare se l’imputato avesse o meno agito con l’intento di uccidere o meno l’ex compagna.
Gli avvocati Antonino Cerella e Luigi di Penta, difensori dell’imputato da sempre sostengono che il comportamento di Leuci fu il frutto di uno scatto d’ira assolutamente non preventivato e acuito dalle condizioni psico-fisiche del pensionato al momento dei fatti.A supportare la tesi difensiva c’è la consulenza di parte redatta dall’anatomopatologo Christian D’Ovidio il quale nel suo elaborato si è soffermato su alcuni punti cruciali quali l’unicità del colpo inferto, la ridotta dimensione della lesione, la zona colpita dal fendente. Tutti elementi che, secondo gli avvocati Cerella e Di Penta, dovrebbero condurre alla riqualificazione del reato da tentato omicidio a lesioni. Ora i giudici della Corte di Cassazione sono chiamati a decidere.
“Per le modalità della condotta e per i pregressi rapporti intercorsi tra vittima e aggressore”, insiste la difesa, “è emersa la non volontà di voler uccidere, anche per l’esiguità della prognosi”.
Paola Calvano (Il Centro)
