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Parco della Costa teatina, riflessioni a margine dell’incontro a Confindustria

L’incontro su turismo e Parco della Costa teatina tenuto nella sede di Confindustria ha di nuovo stimolato il dibattito sull’area protetta che interesserà tutto il fronte costiero da Ortona in giù. Quel che più ha lasciato perplessi è che a distanza di più di 13 anni dall’inizio dell’iter che avrebbe dovuto condurre alla nascita del Parco, non solo non si sia giunti neppure a definire una perimetrazione, ma ci sia ancora qualcuno che si ponga la domanda “Parco si o parco no?”.

Perché questo è quanto emerso da corso Mazzini, con tutta la filiera di Confindustria, che comprende anche Assobalneari (e lo chiariamo anche all’assessore Marra), intenta a porre il proprio diniego all’istituzione dell’Area protetta. Probabilmente l’unica posizione ragionevole sic stantibus rebus, anche perché volenti o nolenti il Parco si farà e lo è stato deciso nel 2001, è stata espressa dal presidente del sodalizio teatino-pescarese Luigi Di Giosafatte, ovvero che in questo momento bisogna lottare per correggere delle reali storture in fase di zonazione, che sono parse evidenti dalle carte presentate (a proposito dove le hanno recuperate visto che tutti si sono lamentati dell’impossibilità di accedere alla perimetrazione allestita dal commissario De Dominicis?).

La posizione di Confindustria e C. l’abbiamo ben riportata nel resoconto dell’incontro (leggi qui) e ci pare giusto prima di ulteriori considerazioni dare spazio anche alle altre a cominciare da quella proprio dell’assessore alle Aree protette del Comune di Vasto, Marco Marra, che, ad alcune testate, ha inviato una nota nella quale parla di un “convegno déjà vu” all’insegna de “Il Parco terrorizza lo sviluppo” e nel quale soprattutto Incoronata Ronzitti (Assobalneari) ha polemizzato parlando di una perimetrazione “calata dall’alto” e che “ingessa gli operatori turistici”.

“Ebbene, qui ci vuole onestà intellettuale e politica – scrive Marra – la perimetrazione (quella approvata dal Consiglio comunale di Vasto riguardante il territorio di sua competenza) è stata oggetto di discussione politica per lungo tempo, durante il quale l’Amministrazione comunale ha dato trasparenza e informazione organizzando convegni e incontri pubblici dove tutti gli stakeholders sono stati invitati, oltre i vari dibattiti organizzati da partiti politici, dalle stesse associazioni di categoria o ambientaliste. Mai vista la presenza di Assobalneari, mai sentite in nessun luogo, le sue osservazioni”.

Sodalizio che l’assessore invita ad “adeguarsi alla realtà del Parco Nazionale della Costa Teatina, aggiornarsi su cosa comporta un Parco, seguendo le buone prassi che in Italia non mancano e da quelle esperienze contribuire positivamente alla zonizzazione e al futuro Piano di gestione”.

Voce anche alle organizzazioni professionali come Copagri, la quale in una nota chiarisce che “vuole che il Parco diventi un’opportunità di sviluppo sociale ed economico dell’intero territorio dove, il comparto agricolo, deve essere volano di una ripresa occupazionale che valorizzi le nostre produzioni tipiche come l’olio extra vergine di oliva ed il vino”.

Però, e s’ c’è un però, anche l’organizzazione professionale punta il dito sul fatto che “ancora oggi, non sia stato ancora reso possibile un sano e partecipato dibattito divulgativo sul merito delle positività e/o negatività la realizzazione del Parco possa portare e produrre al territorio intero acclarato il fatto che, anche mediaticamente, si è sempre dato voce agli opposti estremismi del favorevoli e/o contrari a prescindere”.

Inoltre, “lamenta come, azioni infrastrutturali insite ed importanti per il concreto avvio realizzativo del Parco come la costruzione della pista ciclopedonabile sull’ex tracciato ferroviario della linea Adriatica, siano ancora oggi solo a livello di annuncio mediatico nonostante le reiterate rassicurazioni avute dalle istituzioni a più livelli della piena ed immediata disponibilità delle risorse finanziarie”.

La Copagri, dunque, “ritiene che il percorso della definizione della perimetrazione debba procedere di pari passo con la formalizzazione e statuizione delle regole relative alla gestione, al tipo di agricoltura che si può praticare all’interno del Parco la cui tradizione nelle pratiche colturali, pur a basso impatto, non deve discostarsi da quello inerente la cosiddetta “agricoltura Integrata” già obbligata dalla normative nazionali e comunitarie lasciando alla libera e consapevole iniziativa imprenditoriale del singolo agricoltore il ricorso a quella più selettiva e stringente del metodo “biologico”; “che le regole di gestione e governo del Parco debbano essere scritte e definite insieme ai Comuni del territorio sentiti i vari portatori d’interesse”.

Infine “sollecita il commissario ad acta a tener conto anche delle istanze dei comuni dell’interno e di regioni limitrofe nel voler entrare a far parte del costituendo Parco e di prevedere, pertanto, un possibile allargamento del perimetro sinora previsto ed immaginato”.

Fin qui il parere di tutti, però alcune riflessioni conclusive ci paiono d’obbligo. Partiamo proprio da quest’ultima considerazione di Copagri. Se è vero, come è emerso nell’incontro, che è impossibile adottare una perimetrazione a “macchia di leopardo” e che le aree ricomprese devono essere collegate tra loro, ci chiediamo come si possano ulteriormente allargare i confini del Parco senza gravare su zone fortemente antropizzate.

Crediamo, poi, sia inimmaginabile giungere a una perimetrazione che non tenga conto di quanto deciso dalle Amministrazioni comunali né tantomeno procedere con il paraocchi senza che i sindaci siano messi a conoscenza a priori dei limiti che il Parco assumerà nei territori da essi amministrati, come sta accadendo in questi mesi; così come (se è vero quanto emerso dal dibattito in Confindustria) pare illogico imporre restrizioni di sorta ad aree tutto sommato interne e a forte presenza industriale come quella di Piana S. Angelo o della Valdisangro.

Non tenere conto dei fenomeni di antropizzazione sussistenti (vedasi ad esempio porti turistici, porti mercantili, strutture ricettive) significa destinare anche per il futuro il Parco a figurarsi come un gravame sui cittadini e non come un volano dell’economia locale, anche perché, come ripetiamo da sempre, essa non è solo turistica, anzi: abbiamo una industria d’eccellenza e una agricoltura altrettanto d’eccellenza e un progetto ambizioso come quello del Parco non va certamente osteggiato, ma realizzato tenendo nella giusta considerazione le esigenze di tutti i comparti produttivi e con ben in mente quello che dovrà rappresentare e divenire.

Ed è qui che si gioca la partita più importante, perché finora sentiamo solo parlare di perimetrazione, ovvero di quanto sarà grande l’area protetta, senza avere contezza non solo della zonazione (ed ambedue per ora non sono state rese pubbliche), ovvero della suddivisione in fasce del territorio con specifiche e regolamentate limitazioni, ma anche di quali siano le attività programmate che possano consentire, tanto per dirne una, alla Riserva di avere i necessari controlli a tutto campo, la manutenzione, la pulizia, i servizi in autonomia ovvero senza gravare sulle tasche dei cittadini.

L. S.

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