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Vasto, Gianfranco Bonacci scrive al direttore delle Poste: “I postini non devono essere spedizionieri affrettati”

Egregio Direttore, la figura del postino rappresenta per tutti la traccia della nostra vita, delle nostre speranze (ricevere una lettera da un parente che vive lontano, comunicazione di aver vinto al Lotto etc).
Tutti noi , indipendentemente dalle età, proviamo un senso di gioia quando lo vediamo arrivare o come tanti anni fa lo vedevamo arrivare due volte al giorno.
Troisi che doveva portare a Pablo Neruda le lettere e poi la comunicazione del Premio Nobel non e’ solo un soggetto cinematografico, e’ il contorno di una vita,specie in esilio se non in carcere.
Ebbene, egregio Direttore, aver derubricato quella figura come se si trattasse di uno spedizioniere affrettato che deve andare di corsa, ha generato in noi “destinatari” un gravissimo disagio, quando spesso se non sempre ,non sentito il campanello ci troviamo col foglietto per ritirare la posta dopo due giorni.
Due giorni di attesa e di ansia, mezza giornata di lavoro persa, un servizio pubblico (non lo dimentichino al Ministero,dove fanno i risparmi sulla pelle del postino).
Se poi non abbiamo sentito il campanello, ricordi ai Suoi superiori che il postino suona sempre due volte , non sempre finite nel migliore dei modi come ricorderà dall’altro film che ho citato.
Cordialità.
Gianfranco Bonacci

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