No all’incidente probatorio, ma sì ad indagini approfondite. Fare massima chiarezza sull’esplosione che è costata la vita a tre dipendenti della Sabino Esplodenti è quanto vuole fare la Procura di Vasto. Un obiettivo che è condiviso anche dai titolari dell’azienda che dopo l’esplosione non hanno più avuto accesso nella fabbrica chiuda dal 22 dicembre scorso.
I tempi di riapertura per la fabbrica che annovera fra i clienti diversi ministeri e la Nato, si allungano. La Procura sembra voglia affidare la perizia ad uno dei massimi esperti nel settore, il geominerario Danilo Coppe, l’esplosivista, esperto in scienze criminologiche e della sicurezza che si è occupato anche del ponte Morandi di Genova.
L’azienda da parte sua è intenzionata ad affidarsi ad Adolfo Bacci docente all’Università di Pisa.
Certo è che le indagini proseguono senza sosta per cercare di ricostruire i minuti che hanno preceduto la disgrazia e fare chiarezza sulla deflagrazione che tutti definiscono inaspettata. Le tre vittime potrebbero aver maneggiato razzi con polvere pirica vecchia. I razzi nautici sono classificati come materiale esplosivo e la loro conservazione, così come lo smaltimento, prevedono un’apposita procedura. La polvere pirica, con il passare del tempo, è soggetta a deterioramento e la loro ossidazione potrebbe provocare esplosioni.
Se è successo questo lo stabilirà l’inchiesta coordinata dal procuratore capo Giampiero Di Florio e dal sostituto procuratore Gabriella De Lucia e condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Chieti e i colleghi del nucleo radiomobile e operativo della Compagnia di Ortona.
I periti nominati dalla Procura dovranno analizzare tutto il materiale che viene lavorato e quello che di regola veniva smaltito dalle tre vittime e da altri colleghi con le stesse mansioni. Una perizia delicatissima ma necessaria ad evitare che accada ancora .
Paola Calvano