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Reperti storici in mare: è il porto di Histonium

E’ stata rinvenuta ieri mattina, a pochi metri dalla spiaggia, nel tratto nord del litorale. Grande è stata la sorpresa di alcuni bagnanti nel vedere riaffiorare dall’acqua una parte di colonna di epoca romana. La Guardia Costiera, intervenuta tempestivamente sul posto, ha provveduto ad informare del ritrovamento l’amministrazione comunale di Vasto ed il vice sindaco Giuseppe Forte ha allertato immediatamente la Soprintendenza per i beni archeologici, nella persona della dottoressa Amalia Faustoferri, che ha autorizzato la rimozione del reperto per trasferirlo presso la sede della Protezione Civile di Vasto.  Le operazioni di recupero  – iniziate ieri pomeriggio – sono avvenute sotto il controllo della Guardia Costiera e della polizia locale.

“Ci siamo dovuti procurare un camioncino con una gru”, spiega Eustachio Frangione, responsabile del gruppo comunale della protezione civile, nella cui sede di via Conti Ricci verrà custodito la colonna di epoca romana insieme agli altri reperti (pezzi di anfore) recuperati nella mattinata di ieri.

Il ritrovamento è l’ennesima conferma, caso mai ce ne fosse bisogno, della presenza – in quel tratto di litorale – di numerosi reperti archeologici di epoca romana.

“La zona che dal monumento alla Bagnante arriva fino a metà percorso tra le località di Trave e Cungarelle è ricca di reperti archeologici”, spiega Davide Aquilano, archeologo, presidente di Italia Nostra del Vastese che ogni anno proprio in quel tratto di mare organizza delle escursioni subacquee, “sono resti sommersi del porto romano di Histonium sparsi nei fondali ad una profondità accessibile a chiunque sappia nuotare e stare a galla con la maschera. Ogni anno Italia Nostra organizza escursioni subacquee per dare la possibilità a tutti di vedere cosa c’è nei fondali. Sono attività che vedono la partecipazione di un cospicuo numero di persone, tra cui turisti. Il bello è che ogni volta  si possono ammirare cose diverse in base al movimento della sabbia che copre e scopre i reperti. La stessa località Trave”, continua Aquilano, “deve il suo nome ad un muro romano in opera cementizia lungo 60 metri. Non sono quindi affatto stupito da quest’ultimo ritrovamento che conferma quello che abbiamo sempre visto durante le immersioni. Purtroppo non sempre si riesce ad avere una buona visibilità: nella maggior parte dell’anno  l’acqua è torbida, ma quando ci sono le condizioni ottimali è davvero uno spettacolo. Con queste attività, che sono a pagamento, abbiamo finanziato delle ricerche”, chiosa l’archeologo.

Nell’arco degli ultimi vent’anni sono stati svolti numerosi studi e ricognizioni subacquee e, ad oggi, sono numerosi i resti romani rilevati. Spetta ora alle autorità preposte conservare e valorizzare quello che, grazie al movimento della sabbia, è riaffiorato dal mare.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

 

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