Indagini scientifiche da rifare. Rinviato a luglio per il conferimento degli incarichi peritali il processo ai presunti autori della rapina al portavalori della società Aquila avvenuta sulla A14 nel 2012. Il processo è approdato ieri davanti alla Corte d’appello di Perugia. Un perito che sarà nominato dai giudici perugini, dovrà eseguire nuove verifiche sulle tracce del dna. Una integrazione probatoria che potrebbe portare a clamorosi risultati.
I difensori degli imputati, Giovanni e Antonino Cerella, Antonio Valentini, Rosario Marino e Giancarlo Chiarello hanno ribadito discrepanze e particolari discutibili già accolti dalla Cassazione , per le quali hanno chiesto l’assoluzione definitiva degli imputati su cui pendono pesanti accuse : rapina aggravata, tentato omicidio, porto in luogo pubblico di armi, ricettazione e violenza privata. A comporre il commando armato secondo l’accusa furono, Leonardo Caputo, Vincenzo Sciusco, Antonio Patruno,Simone Di Gregorio e Cono Surace.
Nel 2017 la Corte d’appello aquilana inflisse agli imputati pene tra i 10 ed i 18 anni. Ad aprile 2018 è arrivato il primo colpo di scena: la Suprema Corte ha accolto i ricorsi presentati dai difensori censurando sotto diversi profili il provvedimento emesso dai giudici aquilani e rimettendo gli atti a Perugia per una nuova valutazione degli elementi processuali. Ieri è stata accolta l’integrazione probatoria .
I reperti analizzati dai Ris di Roma subito dopo la rapina dovranno essere riesaminati da un nuovo perito. L’incarico verrà assegnato fra 3 mesi. L’avvocato Antonino Cerella, difensore di Cono Surace , accusato di essere uno dei due basisti della rapina, ha sempre sostenuto che non ci fossero prove della partecipazione del suo assistito all’assalto al portavalori e che lo stesso fosse del tutto estraneo ai fatti.
Paola Calvano (il centro)