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“Le ossa di Punta Aderci non vanno toccate, sono reperti archeologici a tutti gli effetti”

“Quella ossa non vanno toccate, sono reperti archeologici a tutti gli effetti. Rappresentano dati importanti per la ricerca storica ed archeologica e la loro asportazione è perseguibile penalmente”. Italia Nostra torna a lanciare l’allarme sulla presenza di scheletri umani a Punta Aderci, luogo scelto duecento anni fa, insieme a Colle Martino di Punta Penna, per la sepoltura di 2.183 vastesi morti in seguito alla terribile epidemia di tifo che nel 1817 decimò la popolazione dell’epoca.

Lo fa all’indomani dell’articolo pubblicato dal Centro che ha raccolto la segnalazione di un turista polacco Michael Zolnowski,  venuto in vacanza a Vasto insieme alla famiglia, il quale mentre passeggiava  nella riserva ha fatto la macabra scoperta, facendo tornare alla ribalta la presenza degli scheletri nota da tempo.

“A chi  si avventura da quelle parti raccomando di non toccare nulla”, avverte Davide Aquilano, archeologo e presidente di Italia Nostra, “quelle ossa sono reperti archeologici a tutti gli effetti: rappresentano dati importantissimi per la ricerca storica ed archeologica, potendo fornire informazioni utili per ricostruire le condizioni di vita e di salute delle persone morte nel 1817 e perfino il lavoro da loro svolto”.

Cosa bisognerebbe fare?

“La cosa più importante è iniziare a fare uno scavo sistematico per recuperare gli scheletri che vanno poi sistemati nei magazzini della Sovrintendenza”, risponde Aquilano, “ma se ne dovrebbe far carico il Comune che dovrebbe attivarsi per reperire dei finanziamenti. So che la Cogecstre, la cooperativa di Penne che gestisce la riserva, ha scritto al sindaco Francesco Menna segnalando la fuoriuscita dal terreno delle ossa umane che potrebbero subire danneggiamenti e chiedendo interventi per la valorizzazione del sito. C’è stato anche un sopralluogo del funzionario archeologo Amalia Faustoferri lo scorso 24 maggio a cui ho partecipato insieme ad Alessia Felizzi della Cogecstre. Di sicuro quei resti non dovrebbero continuare ad essere alla mercè di chiunque”, conclude il presidente di Italia Nostra.

Che nell’area protetta esista un vero e proprio cimitero abbandonato tra la vegetazione e le  erbacce infestanti non è affatto una novità, ma ad oggi mancano progetti per la valorizzazione degli importanti reperti.

Due anni fa fu l’architetto Francesco Paolo D’Adamo, cultore della storia e delle tradizioni vastesi,  a far riaccendere i riflettori su ossa e teschi custoditi nella sabbia.

Anna Bontempo (Il Centro)

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