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Traffico di rifiuti al depuratore, truffa da 300mila euro al Comune

Una truffa da 300mila euro al Comune di Chieti; sconti alle imprese amiche per oltre 3 milioni di euro; fatture gonfiate per pagare anche cene organizzate con i dipendenti. E poi scarichi di sostanze tossiche «direttamente» nel sottosuolo e nel fiume Pescara e dati «palesemente manipolati» per nascondere «l’inefficacia del trattamento depurativo e continuare a esercitare l’illecita attività di smaltimento».

Sono queste le presunte accuse che pendono sui 10 indagati dell’inchiesta sul Consorzio di bonifica Centro: la procura dell’Aquila ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti, a partire da Roberto Roberti, l’ex presidente del Consorzio di bonifica, e Andrea De Luca, ex capo del depuratore di Chieti Scalo. Il 2 maggio prossimo, davanti al gup Guendalina Buccella, si aprirà l’udienza preliminare. L’operazione Panta Rei dei carabinieri forestali di Chieti e Pescara, coordinata dai pm David Mancini e Antonietta Picardi, portò, il 20 ottobre del 2016, a 4 arresti per un presunto traffico illecito di rifiuti intorno al depuratore teatino.

Arsenico nel fiume. Tra le accuse contestate, c’è quella di aver smaltito abusivamente fanghi contenenti «alti valori di arsenico senza porre in essere alcuna specifica campagna di abbattimento di tale metallo pesante»: l’arsenico sarebbe finito, così, nel fiume. Altra sostanza che sarebbe stata smaltita aggirando le regole è il percolato di discarica «contenente un alto valore di azoto ammoniacale». Secondo l’accusa, Roberti, De Luca e Tommaso Valerio, ex direttore del Consorzio di bonifica, sarebbero stati a conoscenza dell’«inadeguatezza dell’impianto a trattare in modo appropriato tale massiva quantità di rifiuti» e avrebbero fornito all’Arta «dati non veritieri e palesemente manipolati».

Comune truffato. Lo smaltimento abusivo, dice l’accusa, avrebbe garantito al Consorzio di bonifica «un ingiusto profitto» di almeno 300mila euro: a tanto ammonta il contributo pagato dal Comune, una delle 4 parti offese del procedimento insieme ad Aca, Regione e allo stesso Consorzio di bonifica. Attraverso la miscelazione di rifiuti diversi – a seconda della tipologia di rifiuti il Comune deve un contributo più o meno oneroso al Consorzio di bonifica – l’ente avrebbe risparmiato sui costi di smaltimento inducendo «in errore» l’amministrazione comunale che avrebbe pagato «somme non dovute».

Il ruolo di Angeloni. Tra gli indagati c’è anche Giustino Angeloni, ex presidente del Chieti, accusato di presunto traffico illecito di influenze: Roberti avrebbe retribuito Angeloni per fare pressione sul Comune per il rinnovo della convenzione sulla gestione del servizio di depurazione.

Fatture e cene. Sotto accusa ci sono anche 11 fatture che sarebbero state gonfiate per 4.390 euro, a beneficio di un’impresa, per coprire «lavori idraulici privati» fatti in casa di De Luca e «spese di cene organizzate con i dipendenti del Consorzio di bonifica».

Inquinamento «continuo». L’inquinamento «continuo» è un altro fronte dell’inchiesta: i vertici del Consorzio di bonifica avrebbero gestito il depuratore «con negligenza e imperizia consentendo il continuo sversamento di rifiuti liquidi direttamente nel sottosuolo causando e/o aggravando l’inquinamento della falda sotterranea» e anche del fiume.

Tre milioni per un posto. Un’altra parte dell’indagine tira in ballo i vertici della Depuracque, ditta di intermediazione per il conferimento dei reflui al depuratore: secondo l’accusa, la Depuracque avrebbe «diminuito» i valori dell’ammoniaca contenuta nei rifiuti portati al depuratore per pagare meno lo smaltimento. Un trucco che, in base ai calcoli dei carabinieri forestali di Pescara e Chieti, avrebbe consentito alla società di risparmiare quasi 3 milioni di euro: 227 mila nel 2013, oltre un milione nel 2014 e 1,6 nel 2015. «In cambio dell’illegale risparmio» assicurato all’impresa, De Luca avrebbe ottenuto «l’assunzione del figlio con un contratto di lavoro a progetto» proprio alla Depuracque: secondo l’indagine, il figlio di De Luca avrebbe percepito tra maggio 2014 e dicembre 2015 «la somma di 17.897,57 euro».

Pietro Lambertini (Il Centro) 

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