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“Menna non deve andare a casa, ma dare risposte ai cittadini”

Come ci si sveglia dopo il voto che ha messo in crisi la maggioranza?

“Come sempre. Abbiamo espresso soddisfazione per il voto, ci auguriamo che il Sindaco dia corso a una decisione non procrastinabile e lavoriamo per mettere insieme le migliori energie e le migliori proposte per amministrare una città complicata, una città che non si può amministrare a colpi o colpetti di maggioranza, per giunta fragilissima, e dopo una vittoria risicatissima. Ci vogliono persone illuminate che comprendano il contesto attuale. Ve ne sono in maggioranza e in minoranza”.

Anche lei chiede le dimissioni del Sindaco?

“Menna ha stile e buona condotta e non è vero che dorme in piedi. Ha persino richiesto un velocissimo parere esterno sul “caso Cappa”. È quanto meno ingeneroso accusarlo di dormire in piedi. Il problema è che quando una maggioranza va sotto si scatenano le richieste di dimissioni, gli inviti a tornare a casa, le speranze di tornare al voto. Magari per perdere un’altra volta, con i doppiogiochismi dei soliti noti. La politica esige serietà e responsabilità. Non la si fa con i franchi tiratori. Non ho mai chiesto, con il nostro Movimento civico, in cinque anni di dura ed estenuante opposizione, le dimissioni di Lapenna e ho rimproverato più volte Desiati quando le chiedeva. Chi vince le elezioni ha il diritto-dovere di amministrare fino all’ultimo giorno di legislatura. Certo, di amministrare bene, ma la stucchevole tiritera delle dimissioni, che tra l’altro non arriverebbero mai, non mi appassiona. Un Sindaco ha tutte le possibilità per sostituire una squadra o membri di una squadra che non funziona. Ha tutte le possibilità per cambiare marcia, persino per rendere ininfluente chi lo vuole eliminare, per far abbassare la cresta a chi l’ha alzata troppo. Infinite sono le risorse di un Sindaco eletto, soprattutto mentre il Pd si prepara al Congresso cittadino e a nuove sfide. Se poi dovesse dare ampia dimostrazione di essere lui il problema, di essere lui a non funzionare, l’amministrazione imploderebbe ancor prima di invocare il ricorso alle urne. Tocca a lui. Si è presentato come l’uomo nuovo, come il simbolo della svolta generazionale. Proceda senza timore, senza farsi imprigionare in un recinto angusto e privo di prospettive.”

La sua mozione sulla piena applicazione di un articolo riguardante la Presidenza del Consiglio è stata respinta. Dispiaciuto?

“Basito, perché tra i banchi della maggioranza vi sono persino alcuni laureati in Giurisprudenza. Come si fa a votare, da uomini e donne di legge, contro l’applicazione di un articolo mai applicato? Elio Baccalà, non laureato in Giurisprudenza, ha votato con noi della minoranza. Giuseppe Forte si è astenuto per correttezza. Devo aggiungere altro? Vasto è l’unica città dove l’Istituto della Presidenza del Consiglio è mortificato, con un locale-loculo a ridosso del bagno, senza risorse finanziare neppure per organizzare un Convegno su Spataro, senza la possibilità, per il Presidente, di indossare la fascia, nelle occasioni di rilievo, con i colori della città. È una vergogna e un’offesa per uno dei tre Organi del Comune, che sono, lo ribadisco: Consiglio Comunale, Sindaco e Giunta. A San Salvo, a Pescara, ovunque, la Presidenza del Consiglio ha la rilevanza che merita. Ridono di noi perché negli anni è stata dimostrata insensatezza, piccineria e cialtroneria. Non si pensa alle Istituzioni ma alle persone. Non si pensa a dare lustro all’Istituzione ma a colpire chi ricopre la carica in quel determinato momento. Miserie umane. Ed è stato triste per me vedere, tra i dodici, anche il voto contrario del Sindaco. Avrebbe dovuto imporre il proprio pensiero e non lasciarsi trascinare da chi è rancoroso, velenoso, da chi ha perennemente il forno acceso e gioca a sfasciare invece che a unire.”

Che cosa prevede per l’immediato?

“Dipende tutto dal Sindaco. Ha vinto lui, non chi lo circonda e chi vuole logorarlo dall’interno. Senza la candidatura Menna, sarebbe finita 70 a 30 per Desiati. Non deve andare a casa, ma deve amministrare e dare risposte ai cittadini. Non sono nato ieri, prima del latte materno ho assunto quello della passione politica, so che esistono anche le dimissioni tattiche e sarebbe tutto un altro discorso. Ci si prende venti giorni, ci si confronta dentro e fuori il recinto, si ascolta chi vuole unire e non sfasciare (avendo a cuore le sorti della città e non i seggi), si scompone, si ricompone e si riparte. Senza farsi ricattare da nessuno, senza agitare pistolette scariche di chi si nutre di congiure e messe nere, per dirla con il mio amico Luciano D’Alfonso. Mancano quattro anni alla fine della legislatura e in politica si possono vedere cose che gli umani neppure immaginano…”.

Alfonso Di Virgilio

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