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D’Alfonso fa marcia indietro sulle trivellazioni


Con una decisione della Giunta regionale, l’Abruzzo abbandona il referendum antitrivelle, ignorando quindi quanto deciso, il 24 settembre 2015, dal consiglio regionale. Una decisione questa che ignora completamente la scelta del Consiglio di portare avanti il referendum con altre nove Regioni quali la Basilicata, le Marche, la Puglia, la Sardegna, il Veneto, la Calabria, la Liguria, la Campania e il Molise.
Il 19 gennaio prossimo saranno depositati alla Corte Costituzionale i quesiti referendari antitrivelle, ma l’incarico all’avvocato Stelio Mangiameli é stato revocato dalla Regione Abruzzo.
Il Coordinamento regionale No Triv commenta quanto accaduto in questo modo “Si tratta di un atto gravissimo ed irresponsabile, dell’ennesimo colpo inferto alla democrazia nel nostro Paese. Non solo il referendum non è più da tempo nella disponibilità di nessuno se non della Corte Costituzionale ma, volendosi spingere fino ad infrangere le regole, avrebbe dovuto essere il Consiglio regionale, che rappresenta tutti gli abruzzesi, a discutere e decidere se deliberare su questo drastico cambio di rotta. Il presidente D’Alfonso e la giunta si dimettano immediatamente!!!”.
Dal canto suo Maurizio Acerbi, ex consigliere regionale ed ex parlamentare di Rifondazione comunista sostiene “L’Abruzzo ha rotto di fatto il fronte delle Regioni che si erano coalizzate contro il dilagare delle trivellazioni in mare. La cosa più grave è che lo ha fatto non solo nascondendolo alla cittadinanza ma persino in maniera illegittima visto che il Consiglio regionale è all’oscuro di tutto. Da quel che mi risulta l’Abruzzo ha deciso non solo di non affiancare le altre Regioni nel conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale, ma persino di ritirarsi definitivamente dalla compagine referendaria. Lo avranno deciso D’Alfonso e il suo esecutivo per ingraziarsi Renzi ma va sottolineato che non era nelle loro facoltà in quanto queste decisioni spettavano al Consiglio. Tutto ciò dà la misura della senso dalfonsiano delle istituzioni ché neanche la conferenza dei capigruppo è stata sentita. Non credo che l’avvocatura regionale o il delegato Lucrezio Paolini in questa materia possano legittimamente assumere posizioni senza mandato del Consiglio come invece sembra sia accaduto”.
Il Senatore Fabrizio Di Stefano di Forza Italia si interroga chiedendo “Può il presidente surrogare il Consiglio regionale, che aveva deliberato in tal senso? O in un delirio di onnipotenza crede di poter sostituire chicchessìa? Una cosa è certa: questa scelta non rappresenta la volontà degli abruzzesi e sicuramente dei consiglieri regionali di Forza Italia, che si faranno sentire per contrastare questa iniziativa che di certo nessuno vuole. Non si dica che la Legge di stabilità ha fermato “Ombrina”. “Ombrina” forse è stata bloccata, ma altre trivellazioni, anche più devastanti, possono ancora essere autorizzate. Sommiamo la sospensione dell’autorizzazione ad “Ombrina”, l’autorizzazione alla società Petroceltic in Puglia e questa iniziativa: sono a mio giudizio indizi che ci fanno preoccupare”.

Dopo le dichiarazioni di Acerbo e di Di Stefano arriva la risposta di Camillo D’Alessandro, coordinatore della maggioranza di centrosinistra in Consiglio regionale.
Noi abbiamo attivato l’iniziativa referendaria per fermare Ombrina di ferro. Risolto il problema definitivamente con la norma di legge pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, è cessata la materia del contendere. Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sul quesito restante, ci attiveremo con il Governo per estendere e allungare la protezione del mare blu oltre le 12 miglia e concorrere a risolvere il problema delle isole Tremiti delle regioni limitrofe e dell’intero Adriatico. Dal 20 gennaio – assicura – riprenderemo l’iniziativa politica ed istituzionale in questo senso, battendoci come ci siamo adoperati per contrastare la nascita di Ombrina di ferro”.

Laura Rongoni

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