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«Gli spari? Per stato di necessità»

 

 

 

Lo  stato di necessità. Sarebbe il motivo per il quale Clirim Tafili, 46 anni, il fratello Elvin , 40 anni, e Lulzim Bimi, 28 anni, tutti di origine albanese avrebbero reagito all’arrivo di Faslia Fasli impugnando le pistole. Uno solo dei tre ha sparato tre colpi contro Fasli ma restano tutti e tre in carcere. I loro difensori, gli avvocati Giovanni Cerella, Alessandro Orlando e Antonello Cerella, si appellano ai giudici del tribunale del Riesame invocando lo stato di necessità contemplato dall’articolo 54 del codice penale. «Lo stato di necessità stabilisce la non punibilità di chi abbia commesso un fatto illegale per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo», ricorda l’avvocato Antonello Cerella. «I Tafili dovevano difendere i loro bambini. Hanno pensato che solo bloccando Fasli ci sarebbero riusciti», insiste il legale. Lo stato di necessità se riconosciuto comporterebbe l’annullamento della pena nei riguardi degli indagati. È fondamentale, però, che riescano a dimostrare di avere commesso il fatto in quanto “costretti dalla necessità di salvare sè e altri dal pericolo di un danno grave alla persona”. Lo stato di necessità esclude la colpevolezza. Resta il fatto che gli arrestati erano armati di pistole calibro 9 e lo erano prima ancora dell’arrivo di Faslia Fasli.

La Procura indaga per risalire al movente della sparatoria nel corso della quale è stato gambizzato Faslia. Senza dimenticare il precedente dei colpi di pistola sparati il 23 marzo contro il bar Totalino di via del Porto a Vasto, gestito da un albanese amico dei Tafili. «Se l’imprenditore Clirim Tafili avesse voluto uccidere non avrebbe portato con se i figli e non avrebbe scelto la serata in cui il bar Elvin era affollato di tifosi della Juventus che volevano vedere la partita di Champions dei loro beniamini», ripetono gli avvocati Alessandro Orlando e Giovanni Cerella». (p.c. ilcentro)

 

 

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