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Monsignor Piero Marini a Vasto per una testimonianza su Giovanni Paolo II

2 - L'intervento di Mons. Marini“Sono contento di averLa nella nostra Diocesi e nella nostra città del Vasto. Lei ha un volto molto noto, perché per anni l’abbiamo visto come Maestro delle Cerimonie accanto a Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, ma non ne conosciamo la voce. Questa sera Lei, invece, è venuto per parlare della liturgia e per darci una personale testimonianza su Giovanni Paolo II, appena proclamato Santo, un Papa, a cui personalmente sono legato perché la mia formazione in seminario l’ho vissuta durante il Suo Pontificato”. Con queste parole, don Gianni Sciorra, Parroco di S. Paolo, si è rivolto, Martedì 29 aprile, a Mons. Piero Marini, prima che il coro parrocchiale intonasse il canto “Aprite le porte a Cristo”. Don Gianni nel suo indirizzo di saluto ha voluto anche ringraziare il pubblico presente nell’Auditorium della Parrocchia, in particolare il nutrito gruppo dell’Unitalsi, e le autorità (c’erano, tra gli altri, in prima fila il sindaco di Casalbordino Remo Bello, il Presidente del Consiglio Comunale Giuseppe Forte, il vice-Presidente Luigi Marcello e il consigliere regionale Antonio Prospero). Ha, infine, invitato tutti ad ascoltare la preziosa testimonianza di Mons. Marini che ha avuto la possibilità di incontrare il Papa per l’ultima volta qualche ora prima della morte, rilasciando poi questo prezioso ricordo, sottolineato dallo stesso don Sciorra nel Comunicato Stampa inviato agli organi d’informazione: “Era verso mezzogiorno e il suo segretario Mons. Stanislao mi accompagnò da lui nella sua stanza. Era la prima volta che vedevo un letto al centro della stanza e capii subito il motivo. Dietro al letto c’era un medico ed un infermiere che davano l’ossigeno al Papa e lo aiutavano a respirare. Papa Wojtyla era disteso con le mani fuori dalle lenzuola e aveva la testa chinata. Per vedere aveva bisogno che qualcuno lo aiutasse. Alzò gli occhi e mi guardò e io rimasi vicino a lui. Poi mosse la mano destra. Io non avevo capito cosa desiderasse dirmi con quel gesto, se volesse benedirmi o se mi stesse domandando qualcosa. Il medico mi disse: “Prendigli la mano perché il Papa vuole salutarti”. E allora gli presi la mano e il Papa me la strinse. Egli che non poteva più parlare con la voce lo faceva attraverso i gesti e lo sguardo. Siamo rimasti lì un po’, non so quanto, poche secondi, o un’eternità. In quei momenti è difficile misurare il tempo. Quando gli ho lasciato la mano il Papa ha di nuovo rialzato la testa e mi ha guardato. Ricordo quegli occhi e quello sguardo che mi accompagneranno per il resto della mia vita. Porterò sempre con me quella sensazione di bene e di affetto della sua mano stretta alla mia”.
Nel prendere la parola Mons. Marini, dopo aver espresso la sua gioia di essere a Vasto, è entrato subito in argomento, approfondendo la valenza spirituale della canonizzazione di Giovanni Paolo II (avvenuta assieme a quella di Giovanni XXIII). “Questa canonizzazione – ha detto l’oratore – che ha ufficializzato il culto di venerazione di Papa Karol Wojtyla nel mondo intero – è un invito a rileggere con più attenzione la vita del Papa santo e a riscoprirne i tanti valori, che essa ha saputo offrire ai credenti e non. La mia testimonianza nei confronti di Giovanni Paolo II – ha continuato Mons. Marini – si può riassumere in due immagini significative: l’aver partecipato (il 27 aprile) alla concelebrazione per la canonizzazione assieme a Papa Francesco, al Papa emerito Benedetto XVI, ai cardinali e agli altri Vescovi, mi ha richiamato l’immagine di Chiesa che il Concilio ha voluto, secondo la fisionomia originaria, e l’aver visto (il 28 aprile) la grande venerazione dei polacchi alla tomba di Karol Wojtyla mi ha regalato l’immagine della fede di questo popolo.
Questa seconda immagine – ha aggiunto Mons. Marini – mi offre l’opportunità di cogliere due aspetti della vita di Karol Wojtyla in Polonia: la sua fermezza nell’affrontare le difficoltà esistenziali (in una Polonia tormentata dalla guerra e dall’ostilità verso la religione cattolica) e il suo intenso amore verso la Vergine Maria, sviluppatosi soprattutto nel clima spirituale del Santuario della Madonna di Czestochowa, tempio diventato il simbolo della stessa Polonia.
Le radici e le esperienze polacche hanno segnato indelebilmente il pontificato di Giovanni Paolo II. Così, tanto per citare qualche esempio, egli amava celebrare la Messa soprattutto all’aperto (ricordando le restrizioni imposte alle celebrazioni religiose dal governo comunista), oppure in ogni viaggio voleva che si organizzasse una celebrazione ecumenica (ricordando la presenza in Polonia della grande Comunità ebraica). Un ulteriore evento – ha aggiunto Mons. Marini – che ha inciso sul lavoro pastorale di Wojtyla da Vescovo e da Cardinale in Polonia e in seguito sull’attività apostolica da Papa è stato il Concilio Vaticano II, a cui ha partecipato quando aveva 42 anni. Egli attribuiva al Concilio “un significato unico ed irripetibile, in particolare per l’esperienza dello stare insieme come comunità ecclesiale”. Lo ha sempre ritenuto, poi, un momento di grande formazione personale. Di qui il suo impegno di “sdebitarsi” nei riguardi del Concilio, attraverso una continua opera di attuazione dei contenuti e del rinnovamento”.
A questo punto Mons. Marini ha sfogliato virtualmente il suo album di ricordi accanto a Wojtyla, da quando lo ha conosciuto per la prima volta in Polonia nel maggio del 1973 fino alla sua quotidiana vicinanza come cerimoniere papale. Un’ esperienza importante che lo ha aiutato ad apprezzarne alcune particolari virtù, quali la padronanza di sé, la profonda umiltà (“Una volta il Papa mi chiese scusa per aver sorriso durante la Messa”), il tratto signorile, ma anche la fermezza nel difendere i principi umani e morali, la sua passione evangelizzatrice e il suo impegno nell’attuare la liturgia del Concilio.
È seguito il dibattito. La serata si è conclusa con un canto interpretato dal Coro Gospel “Angels’ Eyes”, diretto dal Maestro Danilo Laccetti.

Luigi Medea

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