Il writer che imbratta segnali stradali non commette un reato ma semplicemente un illecito amministrativo. Quindi va punito con una multa e non con il carcere. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso di un writer che, inizialmente, era stato punito con una condanna a sei mesi di reclusione, sostituiti, successivamente, con una multa di seimila euro dalla Seconda sezione penale della Corte Suprema. Dunque, linea morbida della Cassazione nei confronti di chi imbratta muri e segnali stradali. Nel mese di luglio del 2011, la Corte d’Appello di Genova aveva scelto la linea dura perché la vernice aveva reso inutilizzabili i cartelli tanto da costringere le autorità comunali a sostituirli, ravvisando quindi anche un danno economico. Ma, come già detto, la Cassazione ha dato ragione al writer, suscitando perplessità tra la gente. La prima reazione è giunta da un esponente del partito politico “Fratelli d’Italia” che ha dichiarato: “è una sconfitta per chi si batte per il decoro urbano nelle grandi e nelle piccole città”. Nel merito si registra anche una protesta dell’Associazione dei sostenitori e amici della Polizia stradale: “Questi sono atti vandalici e veri e propri attentati alla circolazione”. Va ricordato che, nei mesi scorsi, a Milano, gruppi di cittadini sono scesi in piazza per pulire muri e cartelli imbrattati e i writer sono stati indagati al pari di una associazione a delinquere.