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Il Vangelo della Domenica: 29 ottobre 2023

Il secondo comandamento è simile al primo (Mt 22,34-40).

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

 

La domanda del fariseo a Gesù è fatta per mettere alla prova la sua capacità di spaziare in quella materia specialistica che era l’interpretazione della Scrittura, forse per smascherare la sua mancanza di competenza. Gesù, invece, risponde in modo preciso: non solo individua il comandamento più importante, amare Dio con tutto se stessi, ma anche la sua logica conseguenza: amare l’uomo che è fatto a sua immagine. Per dirla con la lettera di Giovanni sull’amore: “Non puoi amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi”. Ma cosa significa amare Dio con il cuore, l’anima e la mente? Questi sono sinonimi per indicare la caratteristica che rende l’uomo diverso dagli altri viventi: l’intelligenza, la capacità di ragionare e di astrarre, quella capacità che ha prodotto le vette della filosofia, della scienza ma anche dell’arte; la parte nobile dell’uomo, insomma, dove non prevale l’istinto e l’improvvisazione ma la riflessione e la ponderazione. Questo comandamento mette al riparo Dio da ogni fondamentalismo irrazionale, da ogni pretesa di battezzare le guerre e l’odio dell’altro nel nome di Dio, l’esatto contrario, purtroppo, di ciò che spesso si identifica con la religione, sostituita dal fanatismo e dall’ottusità. Ecco perché non può non essere l’amore del prossimo il comando strettamente collegato: dall’inizio del mondo il primo effetto del confronto-scontro con l’altro è stato il fratricidio. La lotta dell’uomo, quindi, è innanzitutto contro l’istinto omicida, contro il desiderio di sopraffazione dei propri simili. La parola “prossimo” è il superlativo di “vicino”. Nell’interpretazione tradizionale dei farisei questo termine significava la propria gente, il proprio clan, il proprio popolo; di conseguenza gli altri erano i nemici. Nella reinterpretazione di Gesù il prossimo è semplicemente ogni uomo, senza nessuna distinzione di razza o lingua o nazione, come scrive anche l’Apocalisse di Giovanni; cosa c’è di più prossimo, infatti, di chi appartiene alla propria specie biologica? Amare Dio con la mente e amare il prossimo significa custodire il mondo, facendolo con intelligenza e sapienza, il contrario di quanto fa la specie umana quando usa il potere della propria mente per calpestare i propri simili e distruggere il mondo che Dio ci ha donato.

Don Michele Tartaglia

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