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Sono trascorsi 240 anni dalla nascita di Gabriele Rossetti

Il 28 febbraio del 1783, ovvero 240 anni or sono, nasceva a Vasto Gabriele Rossetti figlio di Nicola e di Maria Francesca Pietrocola.

La famiglia Pietrocola – scriveva nel 1984 Giuseppe Raimondi presidente del Club Amici di Vasto – era modesta per nascita, per abitudini e per censo, ma il padre, burbero e severo capo indiscusso della famiglia, volle peri suoi figli maschi una istruzione veramente non comune per quei tempi, educandoli soprattutto al culto dell’arte e della poesia.

Andrea (1765 – 1832), il primogenito, si avviò al sacerdozio e fu teologo ed oratore fecondo e morì canonico della Collegiata Insigne della Chiesa di Santa Maria Maggiore. Antonio (1770 – 1853) “barbitonsor frisore” alternava alle cure del mestiere quella della poesia, specie vernacola, in cui era particolarmente versato. Domenico (1772 – 1816) avvocato, poliglotta e poeta, si era trasferito a Parma per esercitare la professione forense.

Di Domenico Rossetti, citato nella Biografia degli Uomini Illustri del Regno di Napoli, si ricorda anche la passione per la speleologia e la prima ricognizione, assai ardita per quei tempi, da lui compiuta nella grotta di Montecalvo presso Nizza.

L’ultimo figlio Gabriele, nato diversi anni dopo i suoi fratelli, dimostrò fin dall’infanzia una spiccata precocità e versatilità di ingegno sia come poeta che come disegnatore “a seppia” per cui si serviva del nero dei calamaretti che egli stesso estraeva.

Il suo primo maestro fu il fratello Andrea, ma frequentava anche i corsi di filosofia tenuti da p. Vincenzo Gaetani del Collegio del Carmine, mentre Benedetto Betti e Nicola Tiberi gli ammannivano elementi di cultura classica e di disegno. Suoi amici d’infanzia furono Pietro Muzii, avvocato, Massimino Barbarotta e Quirino Majo.

Il 27 settembre 1804 moriva in giovane età la Signora Giacinta Leone, moglie del Conte Venceslao Majo, ed il giovane Gabriele, commosso da quella prematura scomparsa, interpretò con patetici endecasillabi i sentimenti di luttuosa partecipazione di tutto il popolo vastese.

I versi furono bene accetti non solo dalla insigne famiglia Majo anche da Tommaso d’Avalos, marchese del Vasto e maggiordomo della Corte napoletana, che volle dotare l’autore dei mezzi per recarsi a Napoli e completare gli studi presso quella Università.

I biografi non menzionano molte notizie relative alla prima giovinezza trascorsa a Vasto da Gabriele Rossetti.

Si narra che da fanciullo, volendo “tentar l’insolit’onda” stava per annegare fra gli scogli di San Nicola della Meta e fu salvato dal fraterno amico Federico Chiappini a cui dedicò, fra gli altri, dei versi.

Come tutti i giovani anche Gabriele Rossetti fu sensibile al fascino femminile e scrisse, con l’acerba simbologia arcadica proprio dell’età, molti versi dedicati a fanciulle vastesi, di difficile identificazione perché celate sotto nomi di fantasia.

“Ma l’episodio più tragico che turbò con la sua efferatezza i sogni gioiosi dell’adolescenza del Rossetti furono i moti del 1799, anno in cui Vasto fu teatro di una rivolta cruentissima durante la quale alcuni maggiorenti della città, fra cui il Municipalista Floriano Pietrocola, cugino di Gabriele, per aver avuto fede negli ideali di libertà, furono barbaramente trucidati ed esposti al pubblico ludibrio ad opera di reazionari borbonici.

Questi avvenimenti furono certamente determinati nella formazione del carattere del Rossetti, portandolo ad assumere atteggiamenti antireazionari per i quali combattè, durante tutto il corso della sua vita, ogni forma di tirannia e sopraffazione”.

Gabriele Rossetti morì esule a Londra il 26 aprile del 1854.

Il 28 febbraio del 1983, per iniziativa dell’allora assessore alla Cultura del Comune di Vasto, la Signora Angela Poli Molino, una folta delegazione di cittadini vastesi si recò a Londra per rendere omaggio a Gabriele Rossetti visitando il cimitero nel quale riposano i suoi resti e dei suoi cari.

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