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Lavori nella vendita di una ditta: 5 assolti all’Agenzia delle entrate

“Il fatto non sussiste”. Con questa formula si è concluso il processo che ha tenuto per lunghi sette anni con il fiato sospeso i vertici dell’Agenzia delle entrate accusati di concorso in abuso d’ufficio e, due di loro, anche di tentata concussione, per aver favorito una società nella vendita di un ramo aziendale. Insieme a loro, giudicati e assolti anche due amministratori dalla Puccioni, Mario Puccioni e Antonella Mansi.

La tentata concussione pesava sull’ex direttore dell’Agenzia delle entrate della Regione Abruzzo, Federico Monaco, e all’ex direttore provinciale di Chieti, Roberto Nannarone accusati anche di concorso in abuso d’ufficio insieme con Gianni Guerrieri che all’epoca era direttore centrale dell’Omise (l’Osservatorio del mercato immobiliare e dei servizi estimativi dell’Agenzia delle entrate di Roma), Marco Mastrodicasa, responsabile dell’ufficio legale regionale dell’Agenzia e Silvio Susi, funzionario di Chieti. Parte civile, il direttore dell’Agenzia di Chieti, ufficio di Vasto, Maurizio Franceschini.

Il collegio formato dal presidente Bruno Giangiacomo, Michela Iannetta e Stefania Izzi ha pronunciato la sentenza dopo lunghe ore in camera di consiglio. A parere dei giudici durante il processo non sono emerse violazioni, nè abusi e la stessa parte lesa, Maurizio Franceschini, costituitosi parte civile, in dibattimento non ha mai parlato di pressioni.

L’inchiesta, coordinata dal procuratore capo di Vasto, Giampiero Di Florio, ruotava attorno a una valutazione ritenuta dall’accusa volutamente errata del ramo aziendale che la società Puccioni cedeva alla società Hadry Tanks (amministrata dallo stesso Puccioni e da Mansi). Il prezzo della cessione veniva stabilito in 8 milioni di euro (di cui 4.140.000 per l’avviamento, 1.100.000 per attrezzature e impianti, e 2.760.000 per l’immobile). Ma nel febbraio del 2015 il direttore dell’Agenzia di Chieti, ufficio di Vasto Franceschini, ha notificato alle parti un avviso di rettifica, con il quale il suo ufficio rivedeva la stima del ramo d’azienda il cui valore economico complessivo era salito a 19 milioni e mezzo di euro, rettificando il solo valore immobiliare (portandolo da 2 milioni e 700mila a 14 milioni euro e 300mila circa). Da qui i presunti reati contestati agli indagati.Oggi dopo sette anni si conclude il processo “perché il fatto non sussiste”

Paola Calvano

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