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Doping, Andrea Iannone squalificato a 18 mesi: riconosciuta l’involontarietà

Diciotto mesi: a tanto ammonta la squalifica inflitta al pilota motociclistico Andrea Iannone per la sua positività all’antidoping dello scorso 3 novembre al Gp di Sepang. Considerati i precedenti per la stessa sostanza (29 squalifiche di quattro anni, il massimo della pena, su 29 casi giudicati in 10 discipline sportive), considerata l’aggressività dell’accusa, Andrea Iannone esce quasi da trionfatore dal processo per la positività al drostanolone. Abbonato il periodo di cosiddetto «presofferto», Iannone potrà tornare in sella nel giugno del 2021.

Le tesi dell’accusa, portata avanti dal ceco Stovicek,membro del board federale con qualche conflitto di interessi di troppo per essere indipendente, era che il doping fosse assolutamente volontario, provocato da una sostanza dopante non utilizzata in alcun modo in veterinaria e quindi non presenti tra i contaminanti della carne, come invece sostenuto dalla difesa di Iannone, sostenuta dall’avvocato Antonio De Rensis. «Il drostanolone — spiegò in aula il pubblico ministero — è utilizzatissimo dai body builder e la cura maniacale del corpo di Iannone, dimostrata dalle foto del suo profilo Instagram (esibite in aula, ndr) dimostra che l’incolpato si è procurato il prodotto per lo stesso scopo». L’accusa, talmente convinta delle sue tesi da produrre minimo materiale scientifico a suo supporto, aveva quindi chiesto il massimo della pena, quattro anni appunto.

Il lavoro di De Rensis e due suoi periti è stato, al contrario, quello di trovare un legame possibile tra la sostanza e il suo possibile uso in alcune zone del mondo nell’allevamento. Obbiettivo raggiunto visto che la Fim, nelle motivazioni della sentenza ha escluso la volontarietà dell’assunzione del prodotto, spiegando che l’assenza del drostanolone dalla lista dei prodotti proibiti non esclude che la sostanza possa esservi inserita in futuro, quando ne verrà accertato l’utilizzo. Il principio applicato dai giudici è che l’assenza di dolo ha provocato il dimezzamento della pena iniziale e che da i due anni residui sono stati tolti altri 4 mesi perché il pilota in Malesia era completamente solo, non aveva l’abituale assistenza (anche alimentare del Team Aprilia) e quindi ha dovuto mangiare sempre al ristorante, correndo il rischio (questa per il Codice Antidoping è una colpa) di risultare contaminato. Rispetto alla sentenza è ammesso ricorso al Tribunale di Arbitrato Sportivo di Losanna sia da parte della federazione che dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) che dello stesso Iannone.

(corriere.it)

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