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“Con i presidenti avventurieri non c’è più meritocrazia”

Da un anno è alla finestra. E’ in attesa di un nuovo progetto dopo che ha chiuso l’esperienza con la squadra della sua città, Vasto. Pino De Filippis, 54 anni, ex portiere biancorosso e direttore sportivo di varie squadre in serie D e in C, legge, osserva e studia. Valuta un mondo in continua evoluzione. Storce il muso quando vede certe situazioni.

De Filippis, com’è cambiato il calcio di serie C?
«Com’è cambiato il calcio, non solo la C o la D. Oggi non c’è più meritocrazia. Vanno in giro avventurieri, amici degli amici, raccomandati. Tranne qualche realtà, questo è il quadro della situazione, specialmente nelle categorie cosiddette minori».

Tutto questo a che cosa è dovuto?
«Le società che fanno calcio in una certa maniera sono poche. Le altre improvvisano. C’è un processo di degrado che non accenna ad arrestarsi. Si va di male in peggio, tranne qualche eccezione».

Sia più chiaro.
«Oggi vanno di moda i presidenti avventurieri, gente che punta a fare soldi con il calcio e non a mettere soldi nel calcio per portare avanti un progetto di crescita sociale».

Qualche esempio?
«Per quello che ho potuto verificare io, mi spiegate dove sono finiti personaggi del calibro di Pellegrini (ex patron della Val di Sangro, ndr), di Tuccio (ex presidente del Gela, ndr) o lo stesso compianto notaio Litterio a Vasto? Gente per cui la stretta di mano valeva più di una firma sul contratto. Oggi, purtroppo, non è più così».

Influisce la crisi economica?
«Per carità, ha un suo peso specifico. E’ un fardello non da poco. Ma quello che fatico a digerire è il degrado assoluto. Possibile che la parola data non conta più niente?».

Ora si punta sui giovani.
«Ben vengano, per carità. In serie D sono obbligatori. Ma le sembra giusto che un classe 1998 che oggi deve giocare per forza l’anno prossimo non ha più valore? Finisce in mezzo alla strada, calcisticamente parlando. Il livello è sceso parecchio, in campo e fuori».

In Abruzzo sono rimaste due realtà professionistiche.
«A Teramo mi sembra che Campitelli abbia dato prova di affidabilità e spessore. Ormai sono circa dieci anni che fa calcio a certi livelli. Non è uno di quelli mordi e fuggi. Poi, per carità, potrà anche commettere degli errori, ma è un dirigente lungimirante. Ci mette la faccia. In serie D, a Pineto c’è il presidente Brocco che mi sembra in gamba, porta avanti un progetto. E a Francavilla c’è un imprenditore, Gilberto Candeloro, che sta dando un’impronta alla società».

A Vasto invece?
«Sono stato due anni fa con il patron Bolami, purtroppo non è stata un’esperienza positiva. Mi dispiace per i tifosi, quello di Vasto è un pubblico appassionato, tra i migliori in Abruzzo. E’ andata come è andata, ho sbagliato io ad accettare con un allenatore (Gianluca Colavitto, ndr) che non avevo scelto io. Dico questo a prescindere dalla bravura del tecnico. In una società, a mio avviso, è il direttore che deve portare l’allenatore e lavorare in sinergia per creare una catena di comando che porta fino alla proprietà».

Nei prossimi giorni saranno resi noti i gironi della serie C e della D.
«A quanto si dice il Teramo dovrebbe cambiare raggruppamento, passando al sud. Questo significa che sarà un campionato più duro a livello ambientale ed economico con trasferte più lunghe».

E in serie D?
«Nelle Marche sono convinti che si separeranno dall’Abruzzo. E quindi le abruzzesi potrebbero giocare con le pugliesi. E se si va in un girone dove c’è il Bari è dura coltivare ambizioni di promozione, almeno quest’anno».

Rocco Coletti (Il Centro)

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