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Capannoni, un censimento per farli rivivere

Capannoni vuoti che potrebbero essere riconvertiti per dare spazio a start up e progetti innovativi di scarso impatto ambientale, ma che al momento non possono essere utilizzati. E’ la situazione in cui versa la zona industriale di Punta Penna, ma anche gli altri agglomerati del Vastese oggetto di un censimento da parte dell’Arap, l’Azienda regionale per le attività produttive nata dalle ceneri dei Consorzi Industriali.

L’ultima rilevazione sugli stabilimenti in funzione e sul numero degli addetti occupati risale a 10 anni fa.

“Stiamo effettuando un catasto delle aree disponibili”, spiega il presidente Giampiero Leombroni,c’è una norma che consente all’Arap di riassegnare i capannoni dismessi che hanno usufruito degli incentivi statali  riacquistandoli al fallimento o nelle procedure di concordato preventivo, al netto dei contributi. Ci sono molti stabilimenti vuoti a Punta Penna e nelle altre aree industriali, ma non saprei indicare un numero. La crisi ha lasciato molti morti per strada. Certo è che i capannoni dismessi potrebbero essere riassegnati e utilizzati”.

Le richieste non mancano: c’è una ditta che ha chiesto di produrre pasta integrale nel capannone della ex Vastoferro. E ci sono anche  richieste per poter riconvertire gli stabilimenti dismessi in palestre o in altre attività commerciali e ricreative.

“Sono tutte istanze che non possono essere evase”, dicono all’ex Consorzio Industriale di Vasto,”per farlo  bisogna modificare il piano regolatore”.

Un tentativo di variante, ricordano nella sede di via Ciccarone, risale al 2007 quando venne avviato un percorso di coopianificazione insieme alla Provincia, che poi si bloccò. All’epoca il Consorzio era guidato da un consiglio d’amministrazione presieduto da Fabio Giangiacomo e composto da Nicola Del Prete e Manuele Marcovecchio, i primi due esponenti della maggioranza dell’epoca, il terzo consigliere comunale di opposizione.

Da allora è tutto fermo, ma per molti sarebbe auspicabile riprendere quel discorso alla luce della desertificazione industriale e delle problematiche connesse alla presenza della riserva naturale di Punta Aderci e di un sito di interesse comunitario (Sic).

La recente polemica sul cementificio è emblematica della situazione in cui versa l’area industriale di Vasto. Nel frattempo a Punta Penna alcuni capannoni sono stati venduti all’asta.

E’ il caso dello stabilimento ex Imal Sud acquistato al fallimento da una società di Napoli al prezzo di 400mila euro, una somma di gran lunga inferiore al valore della perizia (1,7 milioni). L’immobile è ancora in fase di trasferimento da parte del Tribunale e, almeno ufficialmente, non è dato sapere quale sarà la futura destinazione. Le voci che girano, però, non sono affatto rassicuranti. Capita anche che nei capannoni si riscontri, a volte, la presenza di soggetti non autorizzati.Il fenomeno emerge quando fanno richiesta al Suap (Sportello unico delle attività produttive)per qualche variazione o per l’autorizzazione allo scarico in fognatura. Il censimento in corso servirà quindi non solo a fare luce sul numero dei capannoni vuoti e sul dato occupazionale, ma anche su altri aspetti.

Anna Bontempo (Il Centro) 

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