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In casa di Antonio Lizzi le tracce dell’omicida

I carabinieri sono tornati ancora nella casa in cui è stato ucciso, a 69 anni, Antonio Lizzi. La soluzione del mistero si trova tra quelle mura. Ne sono convinti gli investigatori. Per questo a Monteodorisio sono tornati da Chieti gli uomini della Scientifica.

Nessuno sa cosa sia avvenuto all’interno della casa di contrada Marraccola. E’ presumibile che la Scientifica abbia compiuto nuovi accertamenti sulle tracce biologiche trovate vicino al cadevere. Alcune tracce di sangue sono della vittima, che prima di morire ha perso sangue dal naso. Altre tracce potrebbero essere dell’assassino. Il test del Dna viene sempre più spesso utilizzato nelle aule giudiziarie come prova inequivocabile di colpevolezza. Le tracce biologiche raccolte sulla scena del crimine, come un capello, una goccia di sangue o di saliva, diventano indizi che consentono di risalire con certezza a un unico individuo. Soltanto due gemelli identici, infatti, presentano lo stesso codice genetico, che altrimenti si differenzia da persona a persona.

Sostanze fluorescenti consentono di individuare la sequenza esatta dei punti caratteristici che determinano l’impronta genetica. L’obiettivo principale è quello di confrontare il profilo della traccia biologica con altre tracce in possesso.

La vittima aveva sotto le unghie frammenti di pelle che quasi certamente sono del suo aggressore. L’assassino ha lasciato tracce sui mobili e anche sugli indumenti indossati da Lizzi quella sera. Quelle tracce potrebbero essere la firma dell’omicida. I carabinieri seguono, comunque, anche altre piste. Sulle indagini, coordinate dal procuratore capo Giampiero Di Florio, gli investigatori hanno alzato un muro di silenzio. Ma la sensazione è che la soluzione del giallo si avvicina.

“Mi spiace che questa tragedia possa essere stata utilizzata da qualcuno per dipingere Monteodorisio come un paese dove non c’è più sicurezza”, dice il sindaco Saverio Di Giacomo.Non è così. Non doveva succedere ma si tratta di un fatto che, seppur gravissimo, non c’entra nulla con la sicurezza del paese”.

Paola Calvano (Il Centro)

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