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Legambiente ha presentato il dossier “sull’insensata corsa all’oro nero nei mari italiani”

goletta verde 2014-2Nel corso di una conferenza stampa al porto di Punta Penna, Legambiente ha presentato ieri il dossier di Goletta Verde “Per qualche tanica in più”: numeri e storie dell’insensata corsa all’oro nero nei mari italiani”. L’evento è caduto in concomitanza con l’approdo di Goletta verde al porto di Vasto anticipando di qualche ora l’arriva nelle acque antistanti Punta Penna di nave Greenpeace per protestare contro l’ampliamento di Rospo Mare.

Secondo Legambiente il “tesoretto” che le compagnie petrolifere continuano a cercare senza sosta, quell’oro nero tanto agognato e nascosto sotto il mare italiano ammonta a 9,778 milioni di tonnellate. Una quantità di petrolio che, stando ai dati sui consumi nazionali (59 milioni di tonnellate consumate in Italia nel 2013), sarebbe sufficiente a risolvere il nostro fabbisogno petrolifero per sole 8 settimane. Due mesi praticamente. Basterebbero questi numeri a dimostrare l’assurdità della scelta energetica che il Governo italiano, si ostina a portare avanti. La ricerca di greggio del mare italiano più che l’elemento determinante per giocare un ruolo decisivo nel dibattito energetico internazionale, come sostiene il premier Matteo Renzi, sembra piuttosto l’ennesimo regalo alle compagnie petrolifere che hanno trovato nel nostro Paese un vero Eldorado. Poco importa se Comuni, Regioni e cittadini sono contrari a svendere il loro mare per pochi spiccioli. Anche sull’occupazione il confronto non tiene.  Investire oggi in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe nei prossimi anni i nuovi  occupati a 250 mila unità. Ossia più di 6 volte i numeri ottenuti grazie alle nuove trivellazioni”.

Storie e numeri, dettagliatamente riportati nel dossier “Per qualche tanica in più” con i quali Legambiente chiede a Governo e Parlamento di rivedere le scellerate scelte politiche in materia energetica che ogni Governo che si sta succedendo sta portando avanti con insolita determinazione, ma soprattutto che venga ridata voce e possibilità di scelta ai territori e alle popolazioni interessate dalle richieste di estrazioni avanzate dalle compagnie petrolifere.

“Cambiano, almeno formalmente, i Governi ma la logica resta sempre la stessa: favorire le compagnie petrolifere e mettere in serio pericolo una delle risorse più importanti che abbiamo nel nostro Paese – dichiara Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente –  Una scelta assolutamente insensata come dimostrano i risibili quantitativi di  petrolio in gioco. Lo stesso premier Renzi continua a sbandierare un rilancio delle estrazioni come  incremento dell’economia e dell’indipendenza energetica nazionale, quando a richiedere  permessi di ricerca e di estrazione sono per lo più compagnie straniere. Invece di ragionare su come aumentare la produzione di petrolio nazionale, avremmo potuto mettere in campo adeguate politiche di riduzione di combustibili fossili. Ad esempio utilizzando i circa 4 miliardi euro che ogni anno “regaliamo” al settore dell’auto trasporto, come avvenuto nell’ultimo decennio, per una mobilità nuova e più sostenibile”.

In totale oggi in Italia le aree richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per 29.209,6 kmq di aree marine, 5000 kmq in più rispetto allo scorso anno.

Esempi di come le norme proposte e approvate dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni abbiano dato un impulso a tali attività piuttosto che porre paletti e vincoli ce ne sono molti. Quello più eclatante è forse il caso di Ombrina mare, la piattaforma che dovrebbe sorgere, dal progetto presentato dalla Medoilgas Italia, a sole 3 miglia dalla costa teatina. Un impianto in forte contrasto con questo tratto di mare e con la costa  antistante, dove da diversi anni è stato perimetrato una nuova area protetta di cui si attende l’istituzione.

“Sulle criticità del progetto e del suo iter autorizzativo siamo già intervenuti più  volte negli ultimi anni in maniera puntuale evidenziando le carenze e il non senso di avviare un’attività estrattiva di questo tipo – sottolinea Francesca Aloisio, Legambiente Abruzzo – Anche l’ex ministro dell’ambiente Andrea Orlando nell’estate scorsa aveva posto uno stop all’iter autorizzativo, contro il quale la società aveva ricorso al Tar. Al momento è quindi in  fase di autorizzazione l’Aia, su cui Legambiente e WWF hanno presentato proprio in questi  giorni le loro osservazioni. L’auspicio è che la commissione VIA nazionale, chiamata alla valutazione per l’AIA, sappia dare il giusto peso alle tante problematiche che le nostre osservazioni e le altre presentate, comprese quelle elaborate anche dalla Regione Abruzzo, hanno evidenziato. Non ci sono i termini di sicurezza, sul piano ambientale, per giustificare un simile insediamento che peraltro, come già ampiamente dimostrato, sarebbe deleterio anche sul piano economico danneggiando direttamente e indirettamente le principali potenzialità del territorio”.

Il mar Adriatico è tra le aree maggiormente interessate dalle estrazioni petrolifere :infatti ha sotto scacco delle compagnie petrolifere 11.944 kmq, di cui 2 istanze di concessione, 17 di ricerca e 7 permessi già rilasciati per l’esplorazione dei fondali marini. 3 le richieste di prospezione:  una nel tratto centro  settentrionale e due nel tratto a largo delle coste pugliesi

Intanto la sicurezza delle attività estrattive offshore è non a caso al centro dell’attenzione della Comunità europea già dal 2010, anche in conseguenza  all’incidente del Golfo del Messico. Senza considerare l’impatto che queste attività possono avere anche sulla pesca, fino ad arrivare ad una diminuzione del  pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun, la  tecnica geofisica di rilevazione di giacimenti nel sottofondo marino.

“Altro che petrolio – chiosa Legambiente – se veramente si vuole rompere con il passato e  giocare un ruolo strategico nel dibattito energetico nazionale e internazionale sono ben altri  gli investimenti da fare e i numeri su cui puntare. Lo dimostrano i numeri del rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente, dal quale risulta che oggi in Italia ci sono 2.629 Comuni autonomi rispetto ai consumi elettrici, oltre  700 mila impianti che producono energia da fonti rinnovabili che hanno garantito il 32,9 %  dei consumi elettrici e il 15% di quelli complessivi nel 2013”.

Questa mattina appuntamento alle ore 10.30 a Palazzo d’Avalos dove si terrà un interessante convegno intitolato “Green Economy e tutela della costa: il parco possibile nell’Abruzzo che vogliamo”.

Interverranno, tra gli altri, l’assessore regionale a Parchi, Riserve e Montagna Donato Di Matteo, il presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio e il sindaco di Vasto Luciano Lapenna. Gli operatori presenti: Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, la DMC Costiera dei Trabocchi, il Gruppo di Azione Costiera Costa dei Trabocchi, Federparchi e Polo del Turismo Innovatur Abruzzo. Tra gli interventi tecnici in programma quello di Alessio Satta che verterà sul tema della conservatoria della costa. Sarà presente anche il direttore generale di Legambiente, Rossella Muroni e il responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente, Antonio Nicoletti.

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