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E ora si ribellano anche gli allevatori della regione

Una nuova gatta da pelare per l’assessore all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Abruzzo, Mauro Febbo. Stavolta ad accendere le polveri sono gli allevatori riunitosi in comitato spontaneo a difesa del territorio montano e della zootecnica di montagna, i quali, unitamente ai loro colleghi delle limitrofe regioni Marche, Lazio ed Umbria,  rivendicano il diritto a godere delle aree pubbliche interne per poter pascolare il loro bestiame.

Secondo la Copagri “Sovente accade che queste aree sono ad esclusivo appannaggio di pseudo società del Nord Italia con pochi capi di bestiame in carico, i quali non esercitano alcun pascolo ma godono per intero dei diritti a premio comunitari; tutto ciò, molto spesso, con il compiacere delle pubbliche amministrazioni locali.

La stortura dipende dal fatto che il premio comunitario può essere corrisposto anche a fronte del mancato pascolo. Il solo vincolo consiste nel possesso delle superfici che debbono essere pari o superiori ai titoli posseduti.

Questa stortura potrebbe ulteriormente peggiorare a svantaggio dei nostri allevatori se dovessero avverarsi le anticipazioni inerenti la PAC 2014/2020 che estende il premio comunitario a tutta la superficie posseduta”.

Proprio l’altroieri in quel di Cepagatti si è tenuta un’assemblea alal presenza dell’assessore Febbo cui la Copagri e gli allevatori hanno  manifestato le proprie preoccupazioni  “avanzando delle proposte e chiedendo anche d’indicare, nelle linee guida dei prossimi bandi legati al psr per i prati – pascolo, di favorire le aziende con centri aziendali all’interno della nostra regione e di aiutarci a far maturare la convinzione e la cultura, presso le pubbliche amministrazioni locali delle aree interne, di dare priorità nelle assegnazioni delle aree a pascolo agli allevatori residenti ed attivi nel territorio.

Il presidio del territorio interno e montano è propedeutico alla salvaguardia e tutela dell’ambiente oltre che essere elemento per preservare il paesaggio. Il tutto è anche elemento di reddito che frena il triste fenomeno dell’abbandono e dello spopolamento; però dovrebbe avvenire favorendo la permanenza di chi il territorio lo conosce e lo custodisce non certo favorendo furbi e speculatori”.

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