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D’Amico: una soluzione rapida per la questione cinghiali

cinghialiCome è ormai evidente la proliferazione dei cinghiali è divenuta un problema reale per l’economi agricola di tutto il vastese e, ora, potrebbe rappresentare anche occasione di pericolo per la gente comune. I suini selvatici, di cui fino a 4-5 anni fa si stimava un gran numero di esemplari soprattutto nell’entroterra, hanno raggiunto anche il litorale divenendo una vera emergenza e, a prescindere dalle proprie convinzioni circa i metodi, comunque una soluzione è quantomeno auspicabile.  A fine maggio la Provincia di Chieti ha dichiarato di aver avviato l’iter consiliare per elaborare, definire e autorizzare i piani di abbattimento dei cinghiali, mentre, il 31 maggio, l’assessore regionale all’Agricoltura, Mauro Febbo, convocava una riunione importante sulla questione alla quale erano presenti i rappresentanti delle quattro prefetture provinciali, delle altrettanto amministrazioni e delle altre tre OO.PP.A.A. Coldiretti, CIA, Confagricoltura e Copagri, Dal vertice è uscito fuori che tutte le Province si sono mosse “in maniera spontanea e indipendente – dice Camillo D’Amico (rappresentante della Copagri) senza un quadro di regia regionale; questo è dipeso sia dalle flessibilità offerte dalla vigente legge (L.R. 10/2004) che dalle volontà si sono succedute dalle singole amministrazioni provinciali”.

“Rammarica molto il fatto che – aggiunge D’Amico in una lettera inviata a Enrico Di Giuseppantonio – in quella sede, la provincia di Chieti è risultata inadempiente pur avendo, la precedente  amministrazione, redatto un apposito regolamento teso al contenimento della specie cinghiale. Il testo  fu  molto concertato con tutti i portatori d’interesse ed approvato sul finire di legislatura con una confusa opposizione di merito delle forze politiche, allora all’opposizione, che oggi sostengono la sua maggioranza.

Per solo onore di cronaca giova ricordare che, capofila dell’opposizione “strumentale” delle organizzazioni venatorie era l’attuale consigliere delegato, il collega Giovanni Staniscia, il quale, diventato organo rappresentativo del governo dell’ente, oltre all’immediato “congelamento” del regolamento non ha poi prodotto alcuna idea risolutiva ne alternativa nonostante in consiglio assunse l’oneroso impegno di produrne un’altra “….entro un mese(!)”.

Quindi, D’Amico ricorda i vari passaggi e le varie azioni che le varie istituzioni interessate possono perseguire. “Dal tavolo regionale – scrive – è emerso che le province potevano, possono e potranno agire in caso di emergenza con apposite motivate ordinanze dei rispettivi presidenti o “regolamenti di scopo” approvati dai consigli.

Questo è ammesso anche in aree vietate alla caccia, come le riserve, purché il tutto sia  concordato con i sindaci interessati che dovranno emettere apposite ordinanze ed il necessario concerto delle ASL, A.T.C. e forze di polizia”.

E poi torna a sollecitare un’azione rapida “Il problema dell’alto numero di cinghiali, nella nostra provincia, è sempre più una vera e propria emergenza sociale; non è più tollerabile alcun ulteriore ritardo o rinvio. Il tempo dei pagamenti dei “dazi elettorali” a quella  minoritaria parte dei cacciatori che, dell’illegale caccia ne hanno un vero e proprio mestiere, è finito da tempo.

Chiedo a Lei una decisa azione per produrre una determinazione urgente per incidere sul problema in maniera concreta e dare un segnale visibile, certo e risolutivo al territorio inteso nella sua più ampia accezione”.

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