Trenta giorni. E’ il termine entro il quale si possono presentare le osservazioni al piano triennale delle alienazioni nel cui elenco è inserita la particella 18 : due ettari di terreni, fronte mare, sui quali è possibile, grazie ad una variante semplificata al piano regolatore, edificare grattacieli di 22 piani, cioè fino a 65 metri di altezza.
L’argomento tiene banco da settimane. Molte le posizioni contrarie non solo tra i banchi dell’opposizione, ma anche all’interno della maggioranza di centrodestra. Per alcuni le ragioni del no sono da ricondurre alle peculiarità ambientali e paesaggistiche di quell’area che conta la presenza di specie floristiche e vegetazionali rarissime citate da Aurelio Manzi (naturalista e botanico) nel suo libro Storia dell’ambiente dell’Appenino Centrale.
“Quei terreni dal punto di vista geomorfologico sono un residuo di depressione retrodunale che fa parte del più complesso sistema dunale, caratteristico delle coste sabbiose”, spiega l’agronomo-paesaggista, Adriano Maci, “tale sistema è quasi del tutto scomparso dal litorale di San Salvo. A riprova della grande rilevanza naturalistica di quelle aree, c’è il fatto che nel biotopo costiero, ubicato ad alcune decine di metri dal terreno in oggetto, è stata ricostruita, mediante rimodellamento meccanico, la retroduna, andando a ricreare piccole depressioni che ospitano stagni di acqua dolce. Dal punto di vista botanico, e naturalistico in generale, in questo ultimo lembo di ambiente umido retrodunale, finora scampato alla distruzione circondato com’è da palazzi e strade, sono state rinvenute tre diverse specie floristiche rarissime: Baldellia ranunculoides, Oenanthe lachenalii e Claudium mariscus. Il sito inoltre ospita, nelle varie stagioni, diverse specie di uccelli ed anfibi. Queste caratteristiche consentono di affermare che, senza dubbio, la particella 18, ospitando habitat, ecosistemi e specie rare, gode di una biodiversità meritevole di tutela e valorizzazione”.
Maci sottolinea anche che “in questi ultimi anni quest’area è stata in parte oggetto di colmata con sversamenti, probabilmente non a norma, di detriti e rifiuti derivanti dalla rimozione del materiale spiaggiato dopo le mareggiate senza alcuna selezione e differenziazione degli stessi; questo ha comportato il sollevamento della quota del piano di campagna, portando il livello superiore della falda freatica. Quest’area, con un po’ di coraggio, potrebbe essere gestita insieme al biotopo costiero, conservandola quale ultima testimonianza di quello che un tempo era la Marina di San Salvo”, conclude Maci che a suo tempo chiese, insieme ad Italia Nostra, di rivedere la destinazione d’uso di quei terreni.
Anna Bontempo (Il Centro)