Vorrei che tu fossi una donna.
Essere donna è così affascinante.
È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.
Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza.
Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza.
Oriana fallaci, lettere ad un bambino mai nato, 1975
Ad oggi per molti la festa della donna è sinonimo di mimose, serate in pizzeria tra donne e telegiornali che mandano in onda i soliti due servizi: prima quello sulla celebrazione della figura femminile e poi, quasi come se quest’ultimo avesse il solo scopo di addolcire la pillola, le interviste ai rappresentanti di associazioni come “Non una di meno”, che oltre a difendere le donne l’intero anno utilizzano l’8 marzo per ricordare gli inarrestabili femminicidi perpetrati ogni anno e le disuguaglianze ancora esistenti in campo lavorativo tra il genere femminile e quello maschile, di cui ci si ricorda solo in questa giornata o il 25 novembre.
In pochi, si sono chiesti perché festeggiamo questa festa e perché lo facciamo proprio l’8 Marzo.
Una storia di disobbedienza
Era il 1911 quando le donne operaie di un’industria tessile di New York furono chiuse dentro una fabbrica a seguito di uno sciopero prolungato per protestare contro le terribili condizioni lavorative ed igienico-sanitarie a cui erano soggette. La proprietà decise, per punizione, di chiuderle dentro la fabbrica attuando dunque un vero e proprio sequestro di massa. Non si conoscono bene le ragioni, ma a un certo punto all’interno dell’edificio si sviluppò un incendio che provocò la morte di ben 134 donne, molte delle quali immigrate tra cui anche italiane.
La Rivoluzione rosa
In realtà l’idea di dedicare una giornata alle donne si sviluppò precedentemente al tragico evento di New York. Due anni prima il partito socialista americano ne lanciò l’idea individuando come giorno il 23 febbraio. Nel 1910, in occasione della “Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste”, che si tenne a Copenaghen, si pensò di diffondere l’iniziativa anche in altri Paesi, lasciando ciascun governo libero di individuare una data. Solo nel 1921 si decise di stabilire una data unica dando così luogo ad una “Giornata internazionale della donna”, anche in ricordo delle donne morte a New York sei anni prima lottando per i propri diritti; secondo alcune ipotesi si scelse come data quella dell’8 marzo in ricordo della Rivoluzione russa del febbraio 1917, cominciata il 23 febbraio (8 marzo secondo il calendario gregoriano), in questa data, migliaia di donne a San Pietroburgo guidarono una manifestazione contro la guerra e per migliori condizioni di vita. Questo fu uno degli eventi che vide iniziare la Rivoluzione, rivoluzione che andava al di là di ogni differenza di genere e che portò alla fuga dello zar ponendo le basi per la più famosa Rivoluzione d’Ottobre.
Perché le mimose?
Anche qui ci sono diverse ipotesi. Quella legata alla strage di New York sostiene che ai funerali delle 134 donne le bare erano ricoperte di mimose che era l’unico fiore disponibile in quanto era ancora troppo freddo per trovare rose o fiori di campo. Un’altra ipotesi è che fu scelta la mimosa perché, secondo gli indigeni d’America, era simbolo di forza e femminilità, quella forza femminile che aveva portato le operaie a ribellarsi.
Un’ultima ipotesi è che la struttura del fiore della mimosa, composta da tanti pallini che presi singolarmente non sortiscono alcun effetto floreale mentre visti insieme su di un ramo diventano bellissime.
La rivoluzione rosa nel ventunesimo secolo
Sono passati più di 100 anni dalla scelta di una data unica per la celebrazione della festa internazionale della donna, più di 230 da quando una parigina con il nome Marie Gouze, meglio conosciuta con lo pseudonimo di Olympe de Gouges dichiarava che “La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo”. Ci sarebbe da pensare che dopo tutto questo tempo si sia effettivamente raggiunta una parità dei diritti e delle dignità tra sessi, invece, dopo secoli, le donne di tutto il mondo stanno ancora combattendo cercando di difendere e affermare i loro diritti, i loro ideali, le loro stesse persone.
“Non è più tempo di subire in silenzio. Abbiamo il diritto di parlare e di chiedere rispetto, di chiedere parità di trattamento, di condizioni e di diritti”.
Queste le parole di Paola Cortellesi in riferimento al manifesto intitolato “Dissenso comune” risalente al 2018 per denunciare le molestie e le discriminazioni nel mondo dello spettacolo. Le firmatarie chiedevano, e chiedono, un cambiamento radicale per garantire parità di trattamento, rispetto e sicurezza sul posto di lavoro, opponendosi alla cultura del silenzio che ha coperto abusi e violenze. Il manifesto è un appello a rompere l’omertà e a creare un ambiente professionale più equo e sicuro per tutte le donne.
Nel 2019, Taylor Swift ha ricevuto il premio di “Donna del Decennio” dai Billboard Women in Music Awards. Durante il suo discorso di accettazione, la Swift ha evidenziato il doppio standard che esiste nella società riguardo agli atteggiamenti verso gli uomini e verso le donne.
Questo pregiudizio sociale limita le opportunità per le donne di essere prese sul serio e di perseguire le loro ambizioni senza essere giudicate severamente.
Nel 2022 le donne iraniane sono state protagoniste di una storica ondata di proteste contro il regime iraniano, scatenate dalla morte, in circostanze sospette, di Mahsa Amini, una giovane di 22 anni arrestata dalla polizia morale il 16 settembre 2022 perché non indossava correttamente il velo (hijab). La sua morte ha provocato proteste di massa in tutto l’Iran, iniziate dalle donne, ma presto allargatesi a studenti, lavoratori e altri settori della società. Le donne iraniane hanno sfidato le leggi sul velo obbligatorio bruciando il loro hijab e tagliandosi i capelli in pubblico, diventando il simbolo di una battaglia più ampia per la libertà e i diritti umani.
Lo slogan delle proteste è diventato “Donna, Vita, Libertà”, ispirato a un motto del movimento curdo. Il governo iraniano ha risposto con una dura repressione. Nonostante la violenza, il movimento ha continuato a crescere, influenzando anche la comunità internazionale.
Nel 2023, il governo ha intensificato i controlli sull’uso del velo, ma la disobbedienza civile continua.
Per scrivere questo articolo ci siamo interrogati molto sul vero motivo per cui si festeggia questa festa, fino ad arrivare a pensare che il motivo principale è che forse la festa della donna è necessaria, se così dovesse essere questo sarebbe l’ennesima prova a conferma del fatto che la disparità tra sessi persiste. Abbiamo pensato di attuare un sondaggio, abbiamo chiesto ad un gruppo di persone costituito per il 75 percento da donne e per il 25 da uomini cosa pensassero dell’affermazione: “Se si festeggia la festa della donna vuol dire che ce n’è bisogno. Questo è uno dei sintomi della disparità tra sessi”
Il 55,5% delle donne si è dichiarato come parzialmente d’accordo
Il 44,4% delle donne ed il 50% degli uomini si è dichiarato d’accordo
Il 25% degli uomini parzialmente d’accordo
Il 25% degli uomini si è astenuto
Questi sono solo numeri, ma vogliamo concludere l’articolo con la speranza che presto non ci sarà bisogno di una festa della donna, con lo scopo di ricordare al mondo che le donne nascono libere e hanno gli stessi diritti di un uomo, che la mimosa diventi uno splendido fiore da poter regalare durante tutto il mese di marzo. Con la speranza che non ci sia un solo giorno per ricordare i nomi di tutte le donne che hanno dato la vita battendosi per i diritti di tutte; non ci siano solo due giorni (8 Marzo e 25 Novembre) per ricordare le donne che hanno perso la loro vita, perché il loro valore in quanto persone e non oggetti non è stato riconosciuto, ma che loro rappresentino una forza nella nostra memoria ogni singolo giorno, affinché non ce ne sia una di meno. La voce delle donne merita di essere ascoltata ogni giorno, non solo quando il mondo abbassa per un attimo il volume del suo frastuono, concedendo così di dire qualche parola senza dover urlare.
Vi lasciamo con le parole di Meryl Streep nel film “Suffragette”:
Lottiamo perché un giorno ogni bambina venuta al mondo
possa avere le stesse occasioni che hanno i suoi fratelli.
Laura Del Casale