La bocciatura è netta su tutti i fronti: dall’arcivescovo Bruno Forte che ha definito le Case Lavoro “strutture barbare”, all’ex sottosegretario alla giustizia Franco Corleone che ha parlato senza mezzi termini di “ergastolo bianco”. L’occasione per tornare a discutere di internati e misure di sicurezza, termini ormai anacronistici, è stata la presentazione al Teatro Rossetti del libro “Un ossimoro da cancellare. Misure di sicurezza e case lavoro”, scritto da Giulia Melani con i contributi di Corleone, Katia Poneti e Grazia Zuffa. Tra i relatori anche il deputato Riccardo Magi, primo firmatario della proposta di legge di modifica del codice penale. E luogo migliore per parlarne non poteva che essere Vasto dove la Casa Lavoro, nata dalla riconversione della casa circondariale, esiste dal 2013. Ospita internati, cioè persone che hanno finito di scontare la loro pena, ma alle quali viene applicata la misura di sicurezza (soggetta a proroghe da parte della magistratura di sorveglianza) in quanto ritenute “socialmente pericolose”.
“Le Case Lavoro dovrebbero appartenere al passato”, hanno detto senza mezzi termini i relatori, “sono un esempio lampante di un impianto giuridico che fatica a rinnovarsi e ad adattarsi ai tempi”.
Altro paradosso è il lavoro, uno strumento attraverso il quale dovrebbe concretizzarsi la riabilitazione degli internati, ma che di fatto scarseggia. Sono pochi gli internati che hanno una occupazione.
“Sono norme contrarie allo stato di diritto e alla idea di giustizia liberale che noi abbiamo”, afferma il deputato Magi, “la nostra proposta di legge ne prevede la loro eliminazione prevedendo una libertà vigilata in collaborazione con i servizi sociali”.
Si tratta di un intervento legislativo che và nella direzione della umanizzazione del sistema penale.
Tranciante Monsignor Forte. “E’ una realtà barbara”, commenta l’arcivescovo Chieti-Vasto, “in Italia son circa 400 le persone che hanno scontato la loro pena, ma che non vengono lasciate libere perché ritenute socialmente pericolose. Praticamente continuano a restare in carcere non sapendo se e quando questa condizione finirà. Dovrebbero avere un lavoro, ma ditemi voi come si fa a cercarlo quando si sta dietro le sbarre”. Tutti i relatori hanno rimarcato l’urgenza di una riforma di cui si parla ormai da tempo.
Anna Bontempo (Il Centro)