In occasione della presentazione del libro Ferro, che si terrà oggi alle ore 18 presso la Sala Irma Perrotti del Polo Bibliotecario Mattioli, abbiamo deciso di porre qualche domande all’autore Piermichele Pollutri per conoscere meglio lui ed il suo libro.
Per farla conoscere ai nostri lettori: chi è Piermichele Pollutri?
Sono un vastese che da oltre 30 anni vive a Parma. Sposato con due figli. A Parma per gli studi universitari e rimasto su per lavoro, per amore e per passione. Mi occupo di formazione rivolta ai ragazzi e agli adulti da tanti anni e collaboro con diversi enti emiliano-romagnoli. La grande passione per la ricerca storica e politica mi ha portato a collaborare con il Centro Studi Movimenti di Parma, un istituto di ricerca e centro di documentazione nato con lo scopo di promuovere la ricerca e la conoscenza delle dottrine, delle organizzazioni e dei movimenti antisistemici dell’epoca contemporanea.
I suoi libri raccontano di storie vere, tangibili. Da dove nasce il suo voler dar voce a queste vite?
Nasce dalla curiosità di narrare i grandi eventi attraverso storie di uomini e donne in carne ed ossa, con le loro passioni, idee, timori, paure e contraddizioni. Nasce dall’esigenza di raccontare e periodizzare la storia con le vicende umane. Da studente a Vasto, fino all’università e negli studi successivi, la storia contemporanea, mi portava a pormi domande del tipo: “Ma chi era quel ragazzo di 18 anni che ad un certo punto della sua vita è andato in montagna a combattere un regime, una dittatura alla quale non ha dato il consenso? Chi sono quei ragazzi che muoiono a 19 anni per un ideale di libertà, solidarietà, giustizia sociale?“
Ecco, sui libri di storia studiamo gli eventi, le date, i numeri, io volevo e vorrei capire la persona, la motivazione che spinge a fare determinate scelte. Vorrei capire chi lo aspettava a casa, che libri ha letto, in cosa credeva e perchè. Insomma dalla grande storia alla storia dell’uomo che si muove nella storia e sceglie il suo destino ed anche quello di tanti altri.
Come avviene, in libri come questi, la raccolta delle fonti?
La raccolta avviene attraverso la ricerca di fonti in archivi di polizia, di fascicoli trovati presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma, la bibliografia, quando presente, nazionale e locale, interviste dirette a testimoni, documenti processuali e sentenze di tribunali, fondi privati spesso mai pubblicati come mi è capitato per la ricostruzione della morte di Mariano Lupo, un giovane militante di sinistra ucciso a Parma nel 1972 da un commando neofascista. Sono debitore anche ai vari archivi privati e centri studi nazionali e locali per la raccolta di materiale (giornali, riviste, articoli, ricostruzioni) per la ricostruzione della vita del vastese Antonio Cieri. Ho curato il testo di Giorgia Sisti, Lo stranier, pubblicato dalla Fedelos di Parma. Giorgia ha ricostruito la storia di questo eroe vastese morto a Huesca in Spagna nel 1937 contro il franchismo dopo aver combattuto nelle famose Barricate di Parma del 1922. Giorgia ha ricostruito con precise fonti la sua storia. Nel mio piccolo ho contribuito alla memoria di Cieri in terra parmense. Ho trovato nel Centro Studi Movimenti di Parma tanto materiale per le mie ricerche. I tanti documenti conservati nel Centro Studi Movimenti segnalati già nel 2006 dalla Soprintendenza dei beni archivistici per l’Emilia Romagna come «archivio di notevole interesse storico» − sono a disposizione di chiunque volesse consultarli.
Quale obiettivo si è posto con le sue opere? Cosa vuole comunicare ai suoi lettori?
La storia della persona, dell’individuo immerso nella storia. La storia nella storia. Nel libro sul partigiano Mirko ho scelto la forma del romanzo storico. Avevo tutte le fonti citate, tanto materiale di prima mano consegnatomi dalla famiglia come un dono, come un affidamento per lasciare alla storia la sua storia. La scelta della forma romanzo mi ha permesso di avvicinare il racconto storico alla fascia d’età a cui auguro un mondo diverso da quello in cui viviamo, i giovani. A loro auguro un futuro diverso in cui non si parli più di guerre, di diritti calpestati, di disuguaglianze. A loro vorrei ricordare che coetanei in altri tempi avevano scelto di disobbedire e di andare contro per riaffermare la dignità loro e di un intero paese. A loro vorrei dire che è giusto disobbedire all’ingiustizia, che la democrazia intesa come giustizia sociale non è acquisita una volta per tutte e che la nostra Costituzione è stata scritta col sangue di tanti ribelli che non hanno più accettato.
Poi ricordare che mentre scriviamo e leggiamo il mondo è costellato da guerre. Penso soprattutto al Medioriente dove troppi civili innocenti sono morti e continuano a morire mentre il mondo tace.
Vorrei ricordare l’attualità delle lotte che sfociarono nella Costituzione italiana. Vecchia? Passata? Provate a leggere l’art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. A me sembra attuale. Pensate se il potere politico attuasse alla lettera questo articolo. Una rivoluzione!
Il suo ultimo libro narra la vita di Luciano «Mirko» Gianello. Cosa l’ha colpita della sua storia?
Questa storia mi è stata affidata da una grande donna, Lia Cavatorta Gianello più volte assessora e consigliera comunale del gruppo comunista in un paese del parmense. Una distinta signora alla quale devo molto, con la quale ho collaborato per anni. Era la cognata del partigiano Mirko. Moglie del fratello di Mirko. Un giorno mi chiamò dicendomi di scendere in cantina per mostrarmi delle cose. Era il “FERRO“, da cui il titolo del libro. Tanti ferri, armi, munizioni. Li aveva lasciati Mirko. Da lì partono le ricerche e la ricostruzione storica e le trafile burocratiche per la consegna alle autorità e ad un museo per la conservazione. Da lì un mondo di lettere, messaggi, foto, storie nelle storie. E poi L’altruismo, il coraggio di porre l’altro prima di se stesso. E la condivisione. Un giorno in montagna a 1500 metri con la Brigata Matteotti-Picelli, scarso cibo, fatica, freddo. Mezzo fiasco di vino e due sigarette donate da civili di passaggio sul loro cammino. Mirko e la brigata dividono tutto, a giro come fratelli, fino all’ultimo tiro, fino all’ultimo sorso. Ecco con-divisione. Il contrario dell’avidità, del possesso, caratteristiche dei nostri giorni.
Si rivede in parte nel partigiano protagonista? Ci sono delle qualità caratteriali che condividete?
Mi rivedo come portatore delle istanze di libertà e giustizia di quegli uomini. Mirko credeva e voleva una società diversa e più giusta. La desidero anche io. Mirko era uno nervoso, teso, che sfidava la morte parlandogli con parole di libertà. Uomo d’azione, “brigante partigiano”. Non sono come lui caratterialmente, amo il dialogo e la tranquillità ma credo fermamente nei miei principi. Poi lui era bello, un partigiano bello, atletico, agile……sa, aveva tante spasimanti che l’aspettavano. Ho trovato lettere e foto di gentili signorine che aspettavano il suo ritorno. Bello e partigiano. Non guasta poi tanto.
Se dovesse descrivere questo libro con tre parole, quali utilizzerebbe?
Caldo, sincero e ferroso.
Ringraziamo Piermichele Pollutri per la sua disponibilità e speriamo andiate in molti alla sua presentazione.
Stefania Capuano