Tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo (Mt 18,15-20).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità, e, se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
È molto significativo che ciò che Gesù ha detto a Pietro, lo dice ora alla comunità intera dei discepoli (la chiesa, nel testo originale); non lo dice quindi solo al “clero” ma ad ogni discepolo, ad ogni battezzato. Questo vangelo ci dice due cose importanti: innanzitutto che la comunità è più importante delle singole componenti; è l’intera comunità che si fa carico di custodire e ammonire i propri membri. Ciò che avviene prima del coinvolgimento della comunità non è dovuto al possesso di un particolare potere, ma alla necessità di custodire la buona fama di chi sbaglia, che non deve vedere immediatamente sbandierati in pubblico i propri errori. Gesù ci dice che l’azione correttiva deve basarsi innanzitutto su una relazione personale. E qui veniamo all’altra cosa importante: ciascun cristiano ha il compito di rappresentare la chiesa verso l’esterno, non solo chi ha un ruolo istituzionale, così come ogni cittadino rappresenta il popolo a cui appartiene ed è custode dei valori alla base della propria convivenza sociale (la costituzione, ad esempio). Il compito di legare e sciogliere, cioè di testimoniare il perdono e il superamento del male, di combattere ogni tentazione di guerra testimoniando la pace, vale per ogni cristiano, non è una questione che riguarda solo l’istituzione, così come i cittadini, anche al di là di come si comportano coloro che li rappresentano, sono i primi custodi e garanti dei valori fondativi di uno stato. Se come appartenenti alla chiesa impiegassimo di più il nostro tempo a vivere il vangelo anziché a puntare l’indice sulla gerarchia e a pretendere qualche riforma istituzionale (le donne prete o il matrimonio dei preti o altro) forse il vangelo sarebbe più radicato nel mondo perché annunciato con i fatti anziché con le parole. Mi viene in mente un cristiano vissuto in epoca nazista in Austria, ora beatificato: Franz Jaegerstaetter, un contadino che, senza fare troppo rumore, si rifiutò, in nome del vangelo, di imbracciare le armi per la guerra voluta da Hitler in un contesto in cui la chiesa istituzionale faceva accordi con lo stato nazista, e per questa sua scelta fu condannato a morte. Persone come lui hanno fatto sì che Gesù e il vangelo rimanessero in quel mondo accecato dalla retorica della violenza e della sopraffazione. Questo, in fondo, ci dice il vangelo: anche se la maggior parte dell’umanità smarrisse la strada, basterebbero due persone o poco più che agiscano in suo nome perché Lui non abbandoni questo mondo.
Don Michele Tartaglia