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Carenza medici di base e pediatri, Uncem e Fimmg: “Subito fondi dalla Regione per attirare professionisti in Abruzzo”

La Regione stanzi dei fondi per evitare che i residenti restino senza medici famiglia. Il problema relativo alla carenza di medici di base e pediatri interessa una vasta area dell’Abruzzo. Si tratta in particolar modo dei comuni montani dove la scarsa densità demografica non attrae i nuovi medici. Proprio per questo Uncem Abruzzo, in collaborazione con la Federazione italiana medici di medicina generale, ha deciso di creare una proposta da sottoporre alla Regione per far sì che nessuno resti senza assistenza sanitaria.

“Il nostro obiettivo”, ha spiegato il presidente Uncem Abruzzo, Lorenzo Berardinetti, “è quello di creare i presupposti per far sì che un giovane medico possa scegliere di andare a lavorare in una zona di montagna. Negli ultimi mesi, infatti, a causa del pensionamento di tanti dottori, intere comunità sono rimaste senza un punto di riferimento.

La cosa che più preoccupa è che in alcune zone, come per esempio la Valle Peligna, c’è un problema anche relativo ai pediatri che si occupano dell’assistenza dei più piccoli. Per garantire un servizio alle nostre comunità, e fare in modo che i medici possano arrivare a un congruo numero di pazienti, abbiamo pensato di creare una premialità, valida per tre anni, poi rinnovabile per altri tre, che consentirà ai professionisti di accumulare punteggio e alle aree interne di essere assistite”.

L’obiettivo di Uncem Abruzzo e dei Medici di famiglia è quindi quello di definire le zone disagiate e creare degli incentivi economici per assistito in modo da incoraggiare i professionisti a prestare servizio in queste zone.

Nell’incontro che si è svolto nei giorni scorsi è stato evidenziato inoltre che questa “premialità” deve essere estesa ai pediatri per fare in modo che anche i più piccoli non restino senza assistenza.

L’auspicio è che, oltre a un auspicato aumento del finanziamento per i corsi necessari a formare i medici di medicina generale, si torni entro cinque, massimo sei anni, a un normale riequilibrio tra neolaureati e pensionati.

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