V Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Sale della terra, luce del mondo (Mt 5, 13-16).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Le due metafore usate da Gesù per dire ai discepoli ciò che sono chiamati ad essere, sono abbastanza semplici da capire, una volta sciolti i simboli. Il sale è un elemento che per gli antichi serviva soprattutto per dare sapore ai cibi. La terra di cui si parla non è il terreno ricco di sali ma il nome usato nella lingua comune per indicare la terra d’Israele. Gesù dice ai discepoli: voi siete pochi ma anche il sale, pur essendo messo in piccole quantità, migliora il cibo, così anche i discepoli di Gesù migliorano la società in cui vivono. L’immagine della luce del mondo in realtà era già usata per indicare la Legge di Dio (lampada per i miei passi è la tua parola, dice il salmo) ma anche il popolo d’Israele che, custodendo i comandamenti, doveva essere punto di riferimento, faro per il mondo intero. Questa è ora anche la prerogativa della comunità di Gesù: pur essendo piccola può fare luce al mondo intero. Entrambe le immagini però contengono anche un rimando alla piccolezza: un pizzico di sale, una lampada ad olio, niente di più. Se il sale fosse troppo rovinerebbe i cibi e nessuna luce artificiale potrà mai competere con quella del sole. È questa la consapevolezza che devono conservare i discepoli di Gesù: restare piccoli, non avere manie di grandezza perché lo scopo non è allargare i propri spazi (come fanno i conquistatori di questo mondo) ma essere utili alle società in cui si vive, apportare un miglioramento, rendere il mondo migliore di come era prima, non sostituire ciò che già c’è nel mondo. L’immagine della lampada contiene poi un supplemento: qual è l’olio che la alimenta? Le opere buone (nell’originale è scritto “belle” cioè che affascinano) che i discepoli sono chiamati a compiere, non stili di vita da imporre agli altri come pesi, ma vite vissute nella libertà e nella gioia che permettano di far interrogare gli altri su chi è il Dio che Gesù rivela: un Padre amorevole, non un giudice senza cuore.
Don Michele Tartaglia