Ci siamo intensamente frequentati fino al termine degli anni Settanta. Poi, sempre di meno fino a salutarci con un ciao appena accennato nelle poche volte che ci si incontrava in piazza. Un fatto è certo: l’antico rapporto, era totalmente spezzato.
Perché? Lo ignoro. Evidentemente strade e interessi diversi ci hanno diviso. «Noi inseguiamo quello che rifugge da noi», osservava Martin Heidegger. Ma non posso dire che ciò sia accaduto. Nei fatti, due identità distinte, senza alcun ponte da ipotizzare. Ma se questo è vero, è ugualmente vero che c’è stato un “prima”. Un prima lontanissimo: tutto ciò che si vuole. Ma un prima che non si può dimenticare. Malgrado tutto, l’ippocampo, in qualche misura, è ancora vigile.
Ed è il comune passato per la lotta politica che non può essere dimenticato. La lotta contro il Capitale, lo scontro tra Capitale e salario, l’attenzione per le lotte operaie, la partecipazione a quelle esperienze di autonomia, l’uguaglianza, l’interesse per gli ultimi del mondo e chi più ne ha più ne metta. E sempre con il solito pensiero: «ribellarsi è giusto». Di quella vita? Nulla è rimasto. Forse solo il tuo pizzo fluente che rinviava alla figurazione dei miti ottocenteschi.
Una diversità visibile nel volto. Non solo immaginata, ma reale. Soprattutto nel tuo essere volontario medico anestesista nei teatri di guerra. Un’esperienza che avrai vissuto nella pie.nezza delle tue scelte.
Che posso dire, mio vecchio amico d’un tempo? Nulla di più di quanto tu abbia scritto con la tua vita. Mi auguro che tu sia soddisfatto della tua esperienza personale vissuta con la tua famiglia che ti ha accompagnato. Che cosa resta? Un semplice saluto che riguarda tutti i viventi: Buona notte, caro Lucio.
Luigi Murolo
