Francesco del Viscio, 35 anni, ha iniziato a svolgere il suo ruolo attivo nella città di Vasto nel 2010 come presidente della Consulta giovanile appena fondata. E’ il quarto dopo tre fratelli, che gli sono stati d’ispirazione per la passione politica. E’ studente di Scienze Politiche Internazionali, Europee e delle Amministrazioni presso l’ Università di Teramo ed oggi è European Project Consultant, europrogettista per scuole, associazioni, Enti Locali e quanti richiedano di finanziare un proprio progetto con i fondi europei.
Alle amministrative dello scorso anno è stato eletto consigliere comunale con la lista civica Sinistra per Vasto. Vede l’attività politica come una delle sue passioni sportive, il rugby, nel quale bisogna misurarsi con l’avversario sempre con il massimo rispetto e senza violenza di alcun tipo.
“Nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma quanto siamo stati credibili”: come commenteresti questa citazione del giudice Rosario Livatino, uno dei tuoi modelli di vita e di politica?
Questa frase di Livatino per me è fatta di parole – verità: significa che ogni giorno bisogna essere credibili, vale a dire coerenti. Per me la coerenza è il valore più importante, è essere se stessi nel pieno della propria umanità, appartenendo ad una grande famiglia, quella dell’essere umano, che vive sulla Terra e compartecipa alla vita del suo pianeta e dell’universo intero. Se sono coerente con me stesso, nessuna cosa che faccio nella vita è gravosa perché agisco in linea con quello che sono e ho fiducia in me e nelle mie potenzialità. Livatino mi ha insegnato a perseguire la giustizia sociale.
Questa frase, inoltre, è legata al mio essere credente; appartengo a quella generazione che, proprio perché ha fede in Dio, crede nello “intelligence design” nell’evoluzione dell’uomo come progetto di Dio che è affascinata dalle parole del libro della Genesi e dell’Antico Testamento che, con le sue similitudini, spiega proprio questo. La scienza non può avere l’evidenza dell’esistenza di Dio, ma in persone come Livatino ciò succede; lui ha sacrificato se stesso con semplicità che non era né immaturità perché troppo giovane né idiozia perché altamente idealista, era semplicemente un uomo che ha vissuto con passione e non si è tirato indietro di fronte alla verità, alla giustizia come percorso di liberazione degli uomini e dalla mafia.
Com’è nata la tua passione per la politica?
Ha una data simbolica: il 21 luglio del 2001, il G8 di Genova, al quale i miei tre fratelli dovevano partecipare con diversi ruoli, il maggiore come carabiniere, gli altri due come parte della rete Lilliput che esprimeva il proprio dissenso contro i risultati della globalizzazione. Alla fine, per diverse motivazioni, nessuno dei tre partì, ma vivemmo con partecipazione l’accaduto prima davanti alla TV e poi per le strade di Vasto. Da lì scattò in me la spinta per seguire l’esempio dei miei tre fratelli e impegnarmi in politica. Iniziai ad informarmi e a studiare sui temi dell’economia sostenibile; avevo solo 14 anni, ma ero molto stimolato dai miei fratelli.
Le tappe che ritieni formative per il tuo impegno politico
Essere uno dei membri nazionali del Movimento Studenti di Azione Cattolica mi ha fatto entrare in contatto con eventi ministeriali, mi ha fatto comprendere il funzionamento dell’amministrazione e l’importanza dello Stato. L’associazione Libera contro le mafie mi ha formato come operatore sociale; mi ha insegnato l’importanza di stare con i poveri, con quelli che soffrono la schiavitù della mafia. La mafia è l’opposto dello Stato, quest’ultimo offre possibilità di emancipazione per l’individuo, la mafia schiaccia ogni opportunità, toglie ogni libertà. E’ stato lo slancio ulteriore per fare politica; in questo torno a Livatino, come faro d’esempio per tutti i giovani magistrati e ai giovani in generale che non cedono di fronte alla mafia né al vuoto che si crea intorno quando vuoi fare questo lavoro con dignità e coerenza.
A quale padre fondatore dell’Europa o politico che si è battuto per la fondazione dell’Unione Europea ti ispiri maggiormente?
In primis, ad Altiero Spinelli giovane e militante, che associo personalmente a Livatino perché credeva nella realizzazione della giustizia sociale, nella possibilità di costruire un mondo fondato sulla libertà di tutti. Con Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi scrisse il manifesto di Ventotene, nel quale si legge che a costruire l’Europa unita devono essere le persone. Costituiscono un faro per me anche i fratelli Carlo e Nello Rosselli, due grandi politici ed intellettuali che lottarono per la liberazione dell’Italia e dell’Europa intera dal nazifascismo e furono uccisi in Francia dai fascisti. Sono vicino a Carlo e Nello Rosselli perché anch’io sono il quarto dopo tre fratelli e assimilo lo scambio di ideali politici che è avvenuto tra i Rosselli a quello che è stato con i miei fratelli.
In cosa consiste il tuo ruolo di European Project Consultant? Spiegami meglio
Sono un esperto di Progetti Europei che li idea e li realizza; ho maturato tali competenze proprio lavorando con le associazioni come Libera e ARCI; sono in grado di cercarli e di attuare un progetto che sia finanziato con fondi europei. Parto dal bisogno del territorio, indicato dal mio cliente (associazioni, scuole, amministrazioni comunali); in base ad esso so a quale area della Commissione europea rivolgermi. Dopo aver fatto questa analisi primaria; penso il progetto e lo concretizzo in base al format fornito dall’Unione Europea che è obbligatorio seguire; poi seguo tutte le fasi: approvazione del progetto, finanziamento, sviluppo, implementazione e rendicontazione.
Da quanti anni segui il progetto Erasmus Plus? Quali risultati sta avendo a Vasto?
Ho iniziato a lavorarci nel 2010, quando il programma era più orientato alla formazione con metodo non formale e scambio di buone pratiche, ho iniziato a costruire dei coordinamenti strategici in Eu tra varie attività: scambi interculturali e generazionali, si portavano in un Paese europeo scambi di giovani e meno giovani (il target era sempre molto ampio) per lavorare su un tema non specifico. Ad esempio: tra i miei progetti, uno si chiamava Ue Action riguardava la cittadinanza europea, perciò abbiamo realizzato un video e una mostra sul senso della Comunità europea, affiancato a un corso di formazione per i trainers su come realizzare video e mostre fotografiche. Nel 2014, invece, è nato l’Erasmus Plus, che unisce la formazione con metodo non formale a quelle sull’educazione e la formazione professionale. Mi sono specializzato in questo settore e vi ho lavorato sia a vasto sia fuori. In particolare, mi occupo di progetti VET che mandano i ragazzi dai 14 in su a fare un’esperienza di formazione professionale, per un periodo di 30 giorni. Ad esempio: poco fa sono tornati i ragazzi del Palizzi che hanno fatto un’esperienza di lavoro sul turismo sostenibile, gli studenti del Mattioli, invece, hanno vissuto un’esperienza relativa alla loro specializzazione professionale. L’Erasmus Plus è un’esperienza di crescita professionale ed umana per tutti i soggetti coinvolti, dai ragazzi e la scuola a noi che lavoriamo per la sua realizzazione.
Sei d’accordo su una maggiore partecipazione dei giovani dai 16 ai 25 anni, anche in ruoli decisionali, all’interno dell’Unione Europea per determinate tematiche, ad esempio il cambiamento climatico?
Sì, sono molto favorevole ad una maggiore partecipazione dei giovani all’interno dell’Unione Europea. Per quanto riguarda la mia percezione, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta oggi si consuma molto prima, i ragazzi dai 16 ai 18 anni, per quanto possano sembrare immaturi, possono vivificare gli organismi europei e la stessa democrazia che sta vivendo, a mio parere, un forte momento di crisi.
Secondo te, quali progetti dovrebbe curare maggiormente l’Unione europea per i giovani?
Potrebbe ideare un percorso di formazione lavorativa da rendere obbligatorio all’interno degli studi, assicurando un lavoro in cambio di una sorta di servizio civile da svolgere all’interno della comunità cittadina.
E come dovrebbe attivarsi in maniera più sostanziale per contrastare la violenza di genere sulle donne?
E’ una questione di cultura e di buone prassi educative, nel senso di spingere le persone a comportarsi secondo il rispetto delle regole, in modo da essere premiati se si ha un comportamento virtuoso. Bisogna andare, però, soprattutto alla radice dei comportamenti contro la violenza, cosa che non si può imporre con le leggi. Per esempio, aver stabilito le quote rosa in politica non significa che le donne abbiano automaticamente più importanza e partecipazione in politica e siano più rispettate; sicuramente è utile, all’inizio per rompere la cultura maschilista. Io inizierei dalle scuole sempre promuovendo dei percorsi di parità di genere, per esempio ideando dei progetti di educazione civica; progettare un percorso pedonale nella città che presenti le figure di uomini e donne significativi per essa. Questa tipologia di lavoro deve essere riproposta su larga scala nell’Unione europea; le dinamiche sono più complesse, ma non è impossibile, come dimostra l’Erasmus Plus e il Programma Marie Curie (stanziamento dei soldi per la ricerca). Non proporrei dei percorsi specifici rivolti alle donne, perché altrimenti sembra sempre che ci sia bisogno di proteggere la categoria più debole e svantaggiata.
Dal 2010 al 2015 sei stato presidente della Consulta Giovanile di Vasto, con la quale oggi continui ad impegnarti come volontario, qual è la sua importanza per i giovani della città?
Ormai sono 10 anni che esiste, sono tantissime le iniziative che ha portato avanti. Il suo ruolo è importantissimo nella città, ma spesso è sottovalutato. Spesso la Consulta giovanile e le sue iniziative sono poco conosciute; questo è uno dei limiti della città di Vasto: tendere a dare poca risonanza agli organismi dei giovani e agli eventi promossi dai giovani; questo vale anche per tutti gli altri settori dalla musica alla cultura alle competenze professionali e tende a far scappare i giovani dalla città. Si è soliti riconoscere la vastesità e il talento di un giovane vastese solo quando ricopre ruoli importanti in un’altra città. In questo caso, è proprio vero, “nemo profeta in patria est….”
Nausica Strever