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Pagano Levino sansalvese non arretrava di fronte alle ingiustizie

Levino Pagano, sei fratelli,il padre e la madre,contadini, vivevano  nella masseria di loro proprietà in prossimità di San Salvo. Già da bambino il padre lo portava con sé e gli insegnava come gestire al meglio il gregge.Fattosi  grandicello, gli fu dato il compito di mungere le capre,  preparare il formaggio e poi le ricotte.

Ogni mattina all’alba caricava sul carretto la verdura, i formaggi, le ricotte, la cesta delle uova e partiva per il mercato rionale di Vasto.Non era il suo unico lavoro.  Sapeva fare altre cose e cioè zappare la vigna, seminare il frumento, raccogliere le olive, mietere  le messi biondeggianti, spaccare la legna da ardere. La sera seguiva un corso di italiano in una scuola privata. Cominciò a riflettere su quanto guadagnava. I redditi non coprivano nemmeno il fabbisogno di base.

A quel punto Levino cominciò a pensare di procurarsi un’attività ben retribuita. Intanto preparò in fretta gli allegati da inserire nella domanda di arruolamento volontario, che il giorno successivo andò a spedire all’ufficio postale.Una sera gli si avvicinò un giovane alto e robusto, che gli disse:” Stai a sentire, potrei aiutarti per il buon esito della domanda di arruolamento; per ottenere il timbro di convalida,  ti conviene portare un  capretto ben cotto allo spiedo a casa del capo politico del quartiere”.

Levino stava per dargli un ceffone, masi astenne.Gli rispose:”Come mai lo scroccone non è mai venuto a pascolare il gregge con me?Digli che il capretto arrosto se lo può scordare, perchè me lo pappo io!”.

Dopo qualche mese arrivò a casa la cartolina precetto della partenza per il fronte di guerra in Albania,  ma fortunatamente la guerra finì. Levino fece la domanda all’ Esercito Italiano come volontario con ferma prefissata.Dopo molti anni di servizio,  mise da parte 1.500 lire (somma pari all’acquisto di tre ettari di terreno) che consegnò al padre.  Quandogli chiese di dargli indietro il denaro prestato,si mise ad urlare:” Le quatrène  li so spese, moavàste‘ndìvuijecchiùvidà (ho speso tutti i soldi, ora basta, non farti più vedere da me). Dopo diversi anni abbandonò il posto di militare e tornò  al suo paese per fare il contadino. Giunto al traguardo dei 30 anni,prese la decisione di mettere su famiglia.

La mamma fu molto felice:”Levì, sta nabbellauaiòne a San Giàcume, piccà‘ndele peije?” (Levino c’è una bella ragazza a San Giacomo, perché non ti sposi con lei). La ragazza di nome Antonietta era figlia di ricchi  possidenti. Levino non si decideva; pensava che la ragazza era troppo riccaper lui figlio di contadini e lui stesso contadino. Una sera si fece coraggio e,  con una moto prestatagli  da un amico, si presentò all’improvviso davanti  al padre  di Antonietta. Levino era  un giovane bello, alto e con le spalle larghe. Antonietta,appena lo vide se ne innamorò. Dopo un mese si  fidanzarono.

Levino andava con il suo cavallo a trovarla. Molto spesso era costretto ad attraversare scalzo i  torrenti. Dopo diversi mesi  trovò un lavoro. Il matrimonio venne celebrato l’11 marzo 1945 nella cattedrale di Termoli. I genitori e i fratelli disertarono la cerimonia. Levino e Antonietta ebbero cinque figli: Maria, Rosario, Oscar, Natalia e Floriana, a cui con enormi sacrifici riuscirono a dare un’istruzione di scuola superiore. Levino se n’è andato qualche mese prima di compiere 100 anni,  nel 2016

Michele Molino

 

 

 

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