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Viaggio nella nona arte, intervista a Giuseppe Camuncoli, disegnatore di Spider-Man

Dopo le interviste ai cantautori e ai doppiatori italiani, inizia il viaggio nel mondo del fumetto, che verrà, come sempre, raccontato dai suoi protagonisti. Nell’appuntamento di oggi, che vuole essere il primo di una serie, si parte alla scoperta di parte della carriera e della vita di Giuseppe Camuncoli (Reggio Emilia, 2 marzo 1975), fumettista italiano, disegnatore di molte opere quali “The Amazing Spider-Man” (dal 2011 al 2017), “Darth Vader” (nel 2018) e “Undiscovered Country” (a partire dal 2019), di cui è anche co-creatore. Qui di seguito potete leggere l’intervista che, gentilmente, Giuseppe ha voluto rilasciare al nostro giornale.

Salve Giuseppe, per iniziare vorresti raccontarci degli inizi della tua carriera artistica?

Ho la passione per il disegno fin da piccolo. Sia familiari che amici mi hanno sempre spinto ed incoraggiato nel cimentarmi in quest’arte. A quindici anni ebbi la fortuna di frequentare un corso di fumetto tenuto proprio nella mia città, Reggio Emilia, da due grandi professionisti, quali Otto Gabos e Onofrio Catacchio, all’epoca ancora agli inizi. Durante questo corso non solo capii che 0quella del fumettista sarebbe stata la mia professione, ma ebbi anche l’occasione di conoscere altre persone che condividevano il mio stesso sogno. Fra questi Matteo Casali, che successivamente divenne uno sceneggiatore e con cui, nel 1997, esordii con un’autoproduzione, “Bonerest”. Quest’opera fu anni dopo anche pubblicata negli USA ma già l’edizione italiana ci fece notare dagli editors statunitensi, dato che era fortemente influenzata dai fumetti della “Vertigo” (marchio della “DC Comics”, n.d.r), che all’epoca sia io che Matteo leggevamo avidamente. Successivamente, nel 2000, a tre anni dal mio esordio iniziai a lavorare, sempre a distanza, con la “DC Comics”. E così iniziò professionalmente la mia carriera.

A proposito degli USA, tu hai avuto la possibilità di lavorare presso le tre più celebri case editrici statunitensi, per quanto riguarda i fumetti, ovvero la “Marvel Comics, la suddetta “DC Comics” e l’ “Image Comics”. Ci puoi parlare della tua esperienza in questi colossi del Fumetto d’Oltreoceano?

Devo dire che mi sono trovato benissimo con tutte e tre queste case editrici. Sarò sempre grato alla “DC”, perché, come detto, mi ha fatto esordire nel mondo dei comics statunitensi, ma anche alla “Marvel” che mi ha reso celebre internazionalmente, soprattutto grazie a Spider-Man. La “Image Comics”, invece, è una realtà un po’ più piccola e diversa rispetto alle altre due, ma mi piace ugualmente lavorare con essa. Anche perché mi ha permesso, con “Undiscovered Country”, di poter realizzare qualcosa di nuovo, che ho creato io assieme agli scrittori Scott Snyder e Charles Soule.

Ora puoi raccontarci del tuo lavoro su Spider-Man, che, come hai detto, ti ha fornito molta visibilità?

È stata una straordinaria ed inaspettata esperienza. Infatti, all’epoca, già lavoravo da qualche anno in “Marvel”, dove avevo curato varie testate, come ad esempio quella dedicata a Daken, il figlio di Wolverine. Poi nel 2011 mi spostarono su Spider-Man. Non volevo crederci: fino a quel momento avevo disegnato solo personaggi secondari, o comunque molto meno popolari dell’ “Arrampicamuri”, quindi rimasi davvero sorpreso quando mi affidarono tale incarico. Tra l’altro, non mi sarei mai lontanamente immaginato che avrei lavorato su Spider-Man per così tanto tempo: addirittura sei anni, fino al 2017! Mi sono divertito tantissimo e devo dire che quando mi chiesero di lasciare la testata dell’Uomo Ragno, per assegnarmi la serie di “Star Wars” dedicata a Darth Vader, mi dispiacque molto, pur sapendo che era necessario. Inoltre questa esperienza mi ha dato molte soddisfazioni, potendo lavorare con un grande sceneggiatore come Dan Slott ed una leggenda del Fumetto, quale l’inchiostratore Klaus Janson (celeberrimo collaboratore di Frank Miller su personaggi come Daredevil e Batman, n.d.r.). Per non parlare poi del successo che molte storie che ho disegnato, specialmente “Superior Spider-Man” (2013-2014) e “Spider-Verse” (2014-2015), hanno riscosso. Un’altra grande soddisfazione, sebbene molto più tangenziale, l’ho avuta quando proprio da “Spider-Verse” è stato tratto un film d’animazione, “Spider-Man: Into the Spider-Verse” (2018), vincitore dell’Oscar come miglior lungometraggio animato.

Hai anche disegnato vari prodotti del Fumetto italiano, come “Dylan Dog”, “Diabolik” e “La neve se ne frega”, tratto dall’omonimo romanzo di Luciano Ligabue. Puoi dirci se preferisci lavorare sui comics statunitensi o su quelli nostrani?

Il mio cuore apparterrà sempre al Fumetto d’Oltreoceano, ma mi piace moltissimo anche lavorare su prodotti italiani. Non mi è capitato spesso di fare ciò, perché i miei impegni con “DC”, “Marvel” ed “Image” mi sottraggono la maggior parte del tempo. Però quando ho avuto la possibilità di disegnare alcune storie di “Dylan Dog”, di “Diabolik” o anche di “Tex”, ho sempre accettato volentieri. Per quanto riguarda “La neve se ne frega” (2008), è stato un bellissimo progetto, a cui ho lavorato con molto entusiasmo, data anche la possibilità di collaborare con un grande artista quale Ligabue. Devo aggiungere che il Fumetto nostrano mi ha consentito anche di realizzare un mio piccolo sogno. Difatti, nel 2008, ebbi la possibilità di lavorare, assieme sempre al mio amico Matteo Casali, al seguito de “Gli scorpioni del deserto” di Hugo Pratt. Visto che sono sempre stato un grandissimo fan del “Maestro di Malamocco”, per me è stata davvero una grande emozione poter lavorare al sequel di una sua opera.

Hai qualche aneddoto sulla tua carriera che vorresti condividere con noi?

Certamente, ne racconterò un paio al volo. Il primo riguarda la mia prima partecipazione alla Fiera di San Diego, nel 1998. Stavo ascoltando una conferenza tenuta da Karen Berger (celebre editor e fondatrice della “Vertigo”, n.d.r.), che oggi è una mia carissima amica ma che all’epoca era una leggenda inarrivabile, quando, ad un tratto, mi appoggiai all’interruttore delle luci, spegnendole tutte per sbaglio. In quel momento ero talmente imbarazzato, che pensai di aver perso ogni possibilità di lavorare in quell’ambiente. Fortunatamente il tutto si risolse con una risata generale. Il secondo aneddoto, anche se in realtà è più un bellissimo ricordo, che vorrei condividere è più recente. Infatti, nel 2016, sempre alla Fiera di San Diego ebbi la possibilità di conoscere di persona il mitico Stan Lee. In passato avevo avuto altre occasioni per conoscerlo ma mi mancava sempre il coraggio. Quell’anno, però, mi decisi, perché egli aveva annunciato che sarebbe stata la sua ultima volta alla Fiera di San Diego. Così lo incontrai, grazie allo staff della “Marvel” che gentilmente combinò il tutto. Per me è stato bellissimo conoscere Stan: era una persona davvero simpatica, disponibilissima e dallo spirito molto giovanile.

C’è qualche personaggio che hai sempre sognato di poter disegnare, ma che non hai ancora avuto la possibilità di realizzare?

Fortunatamente molti dei miei “personaggi nel cassetto” sono riuscito a disegnarli. Però effettivamente mi piacerebbe tantissimo poter disegnare Hellboy dell’omonima serie, creata da Mike Mignola.

Per concludere, potresti parlarci dei progetti a cui stai lavorando ultimamente?

Sto ancora disegnando “Undiscovered Country”, di cui sono già usciti diciotto numeri e, probabilmente, ne dovranno essere pubblicati altrettanti. Poi sto finendo un ciclo di storie su Joker per la “DC Comics”. Inoltre insegno fumetto alla “Scuola Internazionale Comics” di Reggio Emilia, di cui sono anche Direttore Artistico. Certo, dati i miei impegni, vi lavoro solo qualche mese all’anno, ma l’insegnamento mi dà molte soddisfazioni, soprattutto quando i miei allievi riescono a sfondare nel mondo del Fumetto.

Cesare Vicoli

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