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Recensione film “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli”: l’occasione mancata del “Kung Fu Marvel”

 

Il 1° settembre è uscito nei cinema italiani il venticinquesimo film del “Marvel Cinematic Universe” (“MCU”), “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli” (“Shang-Chi and the Legend of the Ten Rings”), diretto da Destin Daniel Cretton. Basata sull’omonimo personaggio della “Marvel Comics”, la pellicola introduce il suo protagonista nel “MCU” e fa esordire il kung fu “fumettistico” sul grande schermo. Inoltre questo è il secondo prodotto del “Marvel Cinematic Universe” incentrato sulle arti marziali, dopo la serie Netflix “Iron Fist” (2017-2018). Proprio come “Iron Fist”, anche “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli” non si è mostrato all’altezza delle aspettative. Prima di analizzare nel dettaglio tale pellicola bisogna, però, parlare brevemente della trama.

Il film inizia mostrando le origini dei Dieci Anelli, ovvero dei manufatti magici, ricavati da un meteorite caduto sulla Terra migliaia di anni fa, che conferiscono poteri straordinari a chiunque li indossi. Il primo possessore di questi anelli, un generale dell’Asia medievale chiamato il Mandarino, antagonista del lungometraggio, li sfrutta per acquisire potere, immortalità e ricchezza. Successivamente forma un esercito di suoi seguaci che battezza “Dieci Anelli”, proprio in onore dei suoi magici monili.

La brama di potere conduce il generale fino ai confini del leggendario villaggio cinese di Ta-Lo, dove si narra sia custodita una strana e misteriosa arma. Ma il Mandarino, il cui vero nome è Wenwu, non riesce ad entrare nel villaggio. La storia vera e propria della pellicola, però, inizia qualche decennio dopo a San Francisco, dove vive il giovane Shang-Chi, nel cui passato si celano oscuri segreti. Chiarita la trama, il film può essere “scandagliato” nel dettaglio.

Innanzitutto i personaggi sono stati quasi tutti caratterizzati male e sono privi di una qualsiasi profondità. Inoltre l’interazione fra di loro passa dall’essere forzata in alcune scene, ad essere di fatto totalmente assente in altre. Perfino Shang-Chi, protagonista del lungometraggio, risulta essere mal definito, di poco spessore e con motivazioni debolissime. Per non parlare dei personaggi secondari che non riescono minimamente a centrare il “loro” ruolo: le spalle comiche non fanno ridere e gli aiutanti del protagonista mancano di carattere e convinzione. L’unico che riesce ad affascinare il pubblico è l’antagonista. Difatti Wenwu, impersonato dall’hongkonghese Tony Leung, è il carattere meglio strutturato di tutto il film, dotato di una motivazione più che buona e credibile.

Un altro difetto di questo cinecomic è il fatto che entrambi gli elementi che dovrebbero essere al centro della trama, ovvero Shang-Chi ei Dieci Anelli, vengono messi ambedue in secondo piano. Shang-Chi, come detto, pur essendo il protagonista non viene per niente valorizzato e il suo modo di agire è quasi privo di spirito d’iniziativa. Ogni azione che  compie, infatti, pare essere estremamente forzata e spinta solamente dall’esigenza di trama.

L’organizzazione dei Dieci Anelli è lasciata ai “margini” della storia, facendo di fatto solamente da contorno agli eventi principali. Difatti, tranne che nella scena iniziale ed in qualche flashback, gli uomini di Wenwu sono praticamente assenti nel film. Un vero peccato visto che l’organizzazione dei “Dieci Anelli” è stata introdotta nel “MCU” sin dalle sue origini, cioè in “Iron Man” (2008). Infatti è proprio questa l’antagonista della prima parte del lungometraggio capostipite dell’intera saga cinematografica Marvel. “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli”, dunque, sarebbe potuto essere la perfetta occasione per dare maggiori chiarimenti sulle origini e gli scopi di questa organizzazione criminale, invece ciò è stato fatto molto superficialmente.

Non si sa nulla, ad esempio, del fine ultimo dei “Dieci Anelli”: per quale motivo seguono in tutto e per tutto il Mandarino? Lo considerano un dio? Sono semplicemente desiderosi di conquistare ricchezza e potere? La pellicola non lo precisa affatto. Quindi la trama, come già precisato, finisce per trascurare ciò che avrebbe dovuto essere al centro della propria narrazione. Il nucleo della storia risulta essere invece  il mistico villaggio di Ta-Lo.

Però esso sembra esser stato introdotto a forza nella vicenda, dato che diventa l’oggetto della ricerca dei protagonisti e dell’antagonista soltanto a partire da metà film. Difatti la storia del villaggio ed i segreti al suo interno sono spiegati frettolosamente in una singola scena, che sembra essere stata inserita solo per cercare di dare disperatamente un senso alla trama. Naturalmente la pellicola presenta alcuni lati positivi, come gli effetti speciali davvero ben fatti, le splendide scenografie, che rendono affascinatissimi i mistici luoghi dove si svolge la maggior parte degli eventi, e le ottime scene di combattimento in stile kung fu, costruite magistralmente grazie ad una quasi perfetta coreografia. Però ciò non basta a salvare “Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli”, che purtroppo rimane un film mediocre ed entra senza dubbio nella “Flop 5” del “Marvel Cinematic Universe”.

Cesare Vicoli

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