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Aqualand del Vasto, ecco perchè non può riaprire

Le misure di contenimento e l’applicazione dei protocolli Covid-19 non avrebbero consentito di offrire una prestazione “compatibile con lo standard qualitativo che la società offre da oltre 10 anni”, in quanto i clienti avrebbero dovuto rinunciare a molte attività ricreative, ludiche  e di aggregazione.  Sono illustrate in una relazione di 75 pagine,  le ragioni che hanno indotto i gestori di Aqualand a non riaprire  il parco acquatico dell’Incoronata.

La struttura ricreativa è di proprietà del Comune, ma viene gestita da una società che fa capo a due amministratori: l’ingegner Luciano De Nardellis (che è anche responsabile del servizio prevenzione e protezione)  e l’imprenditore vastese, Giovanni Petroro.

Della riapertura di Aqualand si è occupato per ben due volte e nel giro di un mese, il consiglio comunale che l’altro giorno ha approvato un documento bipartisan, che esprime netta contrarietà alla vendita del parco acquatico, sollecitando il rispetto della convenzione attraverso azioni legali “finalizzate alla tutela dell’interesse pubblico”.

Prima dell’ultima assise civica la società di gestione ha fatto pervenire in Comune una relazione in cui analizza dettagliatamente le criticità e spiega i motivi che l’hanno indotta a non riaprire il Parco, con ripercussioni per l’economia del territorio e danni all’occupazione stagionale.

Il rispetto delle misure di contenimento e dei protocolli di sicurezza previsti per il distanziamento sociale, avrebbero determinato il divieto di effettuare molte attività ludiche”, spiegano i gestori, “sulle quali spicca quella di maggior richiamo per il Parco, ossia le cosiddette “onde artificiali” in piscina. Il rispetto del distanziamento sociale e l’accesso contingentato, avrebbero determinato certamente lunghe e numerose file. Il Parco storicamente è un luogo dove famiglie, bambini, giovani e chiunque ritenga di voler trascorrere una giornata di relax,  possono farlo in tutta sicurezza e senza subire lo stress di una rigorosa gestione dei parametri di sicurezza che limiterebbero fortemente le attività e la loro fruizione da parte degli avventori”.

In particolare, secondo la società di gestione, l’impatto  avrebbe comportato la riduzione della capienza con relativo accesso contingentato della clientela, effetti sull’offerta del prodotto e impatto sul comportamento della clientela. E’ stato calcolato che il numero massimo di accessi contingentati giornalieri sarebbe passato dai circa 3.500 delle passate stagioni,  a circa 1.800. Nella relazione – corredata di foto – vengono analizzate anche alcune aree critiche con una serie di problematiche, alcune risolvibili in parte, altre ritenute “tecnicamente e strutturalmente non superabili”.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

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