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Punta Aderci, i giudici danno lo stop ai rifiuti

Aveva impugnato la sentenza del Tar di Pescara chiedendo che venisse sospesa l’efficacia, ma il Consiglio di Stato ha rigettato la  richiesta di sospensiva e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese in favore del Comune pari a 2mila euro. Doppia sconfitta per la Iguana srl intenzionata a realizzare un impianto sperimentale per lo stoccaggio e il recupero  di rifiuti non pericolosi, nella zona industriale di Punta Penna, ma ricadente nella fascia di protezione esterna della riserva naturale di Punta Aderci e contiguo ad un sito di interesse comunitario (Sic).

L’attività, che verrebbe svolta all’interno dello stabilimento della Puccioni – industria di concimi chimici nata nel 1961-  consisterebbe nella trasformazione di polveri estinguenti in fertilizzanti agricoli. L’oggetto del contendere, nel caso specifico, è la valutazione di incidenza ambientale (Vinca) che secondo la società Iguana, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Gileno e Stefania Bracaglia – non sarebbe necessaria, trattandosi di un impianto che non è dannoso per l’ambiente. Ma in fondo quella che si ripropone è l’eterna querelle sulla convivenza della zona industriale con la riserva naturale di Punta Aderci.

L’ordinanza firmata dal presidente della sezione quarta del Consiglio di Stato, Antonino Anastasi e dal giudice Alessandro Verrico (estensore) si basa su due aspetti che vengono così riassunti.

“La circostanza che l’impianto in questione risulta essere collocato, sebbene non all’interno, comunque in area strettamente contigua al sito di interesse comunitario e precisamente nella relativa fascia di protezione”, si legge nel provvedimento, “assume di per sé rilievo determinante ai fini della necessaria sottoposizione dell’autorizzazione alla valutazione di incidenza ambientale (Vinca)”.

Per i giudici inoltre “non pare sufficientemente approfondita la valutazione dell’effetto cumulo dell’impianto con gli altri esistenti nella medesima zona, esame che risulta particolarmente rilevante  nel caso di specie, in ragione del contesto ambientale in cui si và ad inserire l’impianto e, in particolare, della collocazione dello stesso all’interno di una parte dell’opificio industriale già destinato al trattamento di rifiuti pericolosi”. Insomma, la tesi che prevale è quella portata avanti dall’amministrazione comunale, che nel ricorso presentato a suo tempo al Tar tramite l’avvocato Nicolino Zaccaria, aveva posto l’accento non solo sulla necessità di valutare le incidenze negative sul sito protetto, ma anche sull’acquisizione del parere del Comitato di gestione della Riserva.

“Continuiamo a perseguire l’obiettivo della tutela dell’ambiente”, commenta il sindaco Francesco Menna che insieme all’assessore alle politiche ambientali, Paola Cianci ha seguito passo dopo passo la questione.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

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