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Siti contaminati, in Abruzzo ne sono quasi 900

Sono 864 i siti contaminati o potenzialmente contaminati in Abruzzo secondo l’ultimo aggiornamento dell’anagrafe dei siti approvato il 28 dicembre scorso dalla Giunta Regionale con la delibera 1033/18. A darne notizia è il Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua. Di questi, 159 sarebbero siti con superamenti accertati delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) o delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) per le acque, così distribuiti: 74 in provincia di Chieti, 43 in provincia di Pescara, 30 in provincia di Teramo e 12 in quella di L’Aquila. Per altri 17 siti la procedura di bonifica si è conclusa.

“Molto più numerosi i siti potenzialmente contaminati, ben 705, così distribuiti: 211 in provincia di Pescara, 197 in provincia di Chieti, 181 in provincia di Teramo e 116 in quella di L’Aquila – sottolineano – Invece 233 siti precedentemente individuati sono risultati non contaminati. Ricordiamo che in Abruzzo sono stati perimetrati un Sito nazionale per le Bonifiche, quello di Bussi, sotto la competenza del Ministero dell’Ambiente e tre Siti di Interesse Regionale, Saline-Alento, Chieti e Celano di competenza della regione. Per le restanti aree la competenza dei procedimenti di bonifica è dei comuni, che sovrintendono anche alle attività di bonifica che devono essere svolte dai privati. In merito a questa situazione come Forum H2O, se da un lato apprezziamo gli sforzi condotti dal servizio rifiuti regionale e dall’ARTA che con pochi mezzi cercano di “dare ordine” a questa drammatica situazione, dall’altro dobbiamo prendere atto che il tema delle bonifiche non è in cima alle priorità di troppi amministratori, quando le falde della regione sono ormai compromesse per la metà su aree vastissime (il 50% dei corpi idrici sotterranei della regione non rispetta gli standard di qualità imposti dalle direttive comunitarie). I procedimenti durano decenni, con continui rinvii e le bonifiche restano al palo”.

Inoltre, “la stragrande parte dei comuni non è in grado di far fronte alle procedure di bonifica mancando di specialisti e di risorse economiche. A volte, però, comuni più grandi che potrebbero senz’altro affrontare la situazione prendono scuse ridicole, impiegando denaro in altri settori, feste e rotatorie comprese; le province sono assolutamente indietro per l’individuazione dei responsabili delle contaminazioni che dovrebbero sostenere i costi delle bonifiche. Questo si traduce da un lato in siti spesso abbandonati a loro stessi perché non ci sono le risorse pubbliche per attivarsi e dall’altro in oneri sui cittadini che devono pagare per conto dei privati quando, molto raramente, interviene l’ente pubblico; siamo ancora molto indietro sulla trasparenza necessaria per garantire l’informazione e la partecipazione del pubblico e solo pochissimi comuni attuano quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus e dal D.lgs.195/2005. La stessa regione e l’ARTA sono privi di strumenti informatici adeguati per informare le comunità interessate sui procedimenti e sullo stato dell’ambiente; manca completamente una sorveglianza epidemiologica e le ASL abruzzesi e la regione stessa non sono attrezzate per far fronte a queste problematiche che spesso, come dimostra lo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, possono avere impatti seri sulla popolazione”.

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