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“Così sono entrato nel tunnel del gioco”

“Di cose brutte ne ho fatte tante, ma quello che non riesco a perdonarmi è aver venduto le collanine di mia figlia per pagarmi le giocate”. Chi parla è Mario, un giocatore patologico che, dopo aver rischiato di perdere tutto, anche gli affetti più cari, ha deciso di chiedere aiuto. L’uomo sceglie di raccontare la sua testimonianza  dal palco dell’Auditorium San Paolo, nell’omonimo rione cittadino, ma lontano dai riflettori. Il pubblico in platea non vede il suo volto, sente solo la sua voce. Una voce che racconta la disperazione di chi è caduto nel tunnel, ma ha trovato il coraggio di chiedere aiuto e di rialzarsi. Purtroppo sono pochissimi i giocatori che si rivolgono ai Servizi pubblici per le dipendenze (SERD).

“C’è una cosa che non riuscirò mai a perdonarmi”, confessa Mario con la voce rotta dall’emozione, “è l’aver convinto mia figlia a consegnarmi le collanine e i braccialetti della prima comunione con la promessa che li avrei venduti per comprarle i libri. In realtà avevo bisogno di soldi per giocare, non potevo resistere e con quella orribile bugia sono riuscito a venire in possesso dei monili per rivenderli. Sono riuscito a racimolare 700 euro, ma a mia figlia ho dato solo 200 euro. Gli altri soldi li ho spesi giocando. E’ una cosa molto brutta di cui mi pento, ma oggi posso dire che sono una persona diversa, anche se a causa del gioco ho rischiato di perdere tutto, anche l’affetto dei miei cari”.

E poi l’appello. “Non esitate a chiedere aiuto, non vergognatevi di raccontare il vostro problema”, insiste il giocatore, che è riuscito a superare la sua dipendenza da gioco grazie al gruppo. Non è stata l’unica testimonianza. Anche Ciro, un altro giocatore patologico, ha voluto raccontare la sua esperienza e lanciare un messaggio di speranza. Le due testimonianze sono giunte al termine dello spettacolo teatrale “Gran Casinò, storie di chi gioca sulla pelle degli altri”, con la regia di Gilberto Colla e con  Fabrizio Di Giovanni nei panni del protagonista, messo in scena da una  compagnia teatrale Itineraria che da 22 anni si occupa esclusivamente di teatro civile, con spettacoli dal forte impegno sociale. L’appuntamento è stato curato dalla Caritas Diocesana di Chieti-Vasto.

“Attraverso la realizzazione di questo spettacolo vogliamo dissuadere le persone dal giocare”, dice il direttore Don Luca  Corazzari,perché il gioco crea dipendenza anche se molti pensano che sia la soluzione ai loro problemi economici. Vogliamo anche contribuire a creare una consapevolezza su un perverso business  gestito dalle lobby del gioco perché questo cancro sociale cessi di propagarsi. Come Caritas  ci imbattiamo in situazioni davvero disperate”, riprende Don Luca,” come quella di una pensionata che voleva da noi un prestito di 2mila euro per estinguere alcuni debiti. Le abbiamo  dovuto dire di no, perché nel frattempo avevano scoperto che spendeva tutta la sua pensione in Gratta e Vinci. L’abbiamo aiutata lo stesso pagandole le bollette”.

                   Anna Bontempo (Il Centro)

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