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Vasto, quel campo di calcio che “sapeva” di polvere e sudore

Ci sono cose nella vita che rimangono tali nonostante i cambiamenti, le stagioni, gli anni e le generazioni. Possono essere modificate, aggiustate o addirittura  trasformate, ma la loro essenza non muta, non si ossida e non è soggetta a variazioni di alcun tipo: tra queste, c’è sicuramente un campo di calcio. Bene, ora chi ha calcato anche soltanto una volta il campo San Paolo, alias “campo 167” (relativamente al quartiere dove è situato, ndr), riconosce l’anima vintage di quel terreno di gioco, che ha visto nascere e crescere intere schiere di calciatori di ogni età, alcuni tra i quali arrivati a calcare gli importanti prati di Serie A (tra tutti Roberto Inglese, attualmente in forza al Chievo Verona con un passato tra le fila di Pescara e Lumezzane, ndr), dopo anni di gavetta passati ad ingoiare polvere ed annaspare nella fanghiglia tipica che si crea dopo una pioggia, quella che rende le gambe pesanti ma che fa bene ai polmoni. Chi ha affondato almeno una volta i propri tacchetti in quella terra battuta sa che quello non è un semplice campo, ma è IL campo per antonomasia, uno dei primi costruiti a Vasto che ha permesso di praticare il gioco del calcio ad ogni livello, partendo dalle varie categorie giovanili, passando per i diversi campionati nazionali disputati dall’allora Beretti e Juniores della Pro Vasto (Marco Verratti, attualmente al Paris Saint Germain e centrocampista della Nazionale disputò proprio su questo campo un incontro contro i biancorossi con il suo Pescara, o ancora Andrea Bertolacci, a quei tempi capitano della Roma di Alberto De Rossi, ndr) fino ad arrivare al calcio femminile, realtà importante della nostra città e da sempre di casa tra quelle “quattro reti”.

Ma, come già detto al principio, a volte il tempo può modificare le cose o se vogliamo deve farlo per necessità, lasciando così che gli avvenimenti facciano il proprio corso senza intralciare il loro cammino: e così anche un campo di calcio storico, a tratti leggendario da un giorno all’altro cambia volto e fisionomia, per volere di qualcuno o semplicemente per rimanere al passo con i tempi che corrono veloci, fin troppo per rimanere ancorati alla storia ed ai sentimenti, di qualsiasi tipo essi siano. Ora quel giallastro sinonimo di sudore e ginocchia sbucciate non c’è più, è stato sostituito da un verde acceso, quello dell’erba sintetica di ultima generazione che è stata installata lungo tutto il perimetro di gioco e oltre, per lasciare il cosiddetto “scarto” così come da regolamento federale. Questo passaggio obbligato comporterà quasi certamente un aumento di compagini che andranno ad usufruire del campo, attirate dalla possibilità di disputare le proprie partite casalinghe ed i propri allenamenti su di una superficie innovativa, adatta maggiormente a questo meraviglioso sport ma terribilmente “tecnologica”, sintomo di cambiamento ed altresì sviluppo in termini di strutture (ovviamente la posa del manto sintetico ha comportato il restyling dell’intero impianto, con la costruzione di nuovi spogliatoi e recinzioni divisorie) e come impatto visivo, indiscutibilmente migliore sotto tutti i punti di vista. Ma, chi ha calcato almeno una volta quel campo, saprà sempre che alla 167 c’è un rettangolo giallo opaco che ha solo bisogno di un pallone che vi rotoli sopra e di 22 persone che lo rendono vivo, con quell’anima genuina e quel sapore di polvere e sudore che, siamo sicuri, non svanirà mai. Nonostante tutto, nonostante il tempo.

Lorenzo Ciccotosto

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