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Rotte le placche impiantate nella gamba di un paziente di Vasto

 

Ha solo quaranta anni ma non ha un lavoro e ogni movimento gli provoca un grande dolore. Tutta colpa di un brutto incidente stradale avuto nel 2010, ma non solo. Sottoposto ad un intervento per la risistemazione e sintesi degli arti fratturati, S.B., ex operaio di Vasto si è ritrovato l’anno dopo nuovamente in sala operatoria nel San Pio di Vasto. I chiodi e le viti usati dai chirurghi si sono spezzati. Il suo avvocato, Sebastiano Del Casale, racconta l’odissea del suo cliente. «Le placche e le viti in titanio utilizzate dagli ortopedici per la ricomposizione della frattura avrebbero dovuto essere una garanzia. Al contrario, si sono spezzate», dice l’avvocato Del Casale. «Non sappiamo perché, nè di chi sia la responsabilità. Di sicuro non del mio cliente. Per questo il mio assistito si è rivolto alla magistratura ed ha citato in giudizio la Asl. Ovviamente è evidente che anche la ditta fornitrice del materiale di sintesi potrebbe essere citata. Il mio cliente chiede che venga scoperta la causa del suo calvario e vuole giustizia», afferma il legale.

Del Casale ha affidato una perizia al professor Grande. Nella relazione medica effettuata dal perito, sarà valutata la rottura dei chiodi e delle viti protesiche e stabilito se il fatto può essere ricondotto a un difetto di lavorazione del materiale o si ravvisano errori nella tecnica operativa utilizzata per il loro impianto. Nella stessa relazione sarà anche accertata la correlazione del quadro menomativo e disfunzionale dell’arto sottoposto necessariamente ad un ulteriore intervento chirurgico.

Secondo il legale del paziente l’imprevisto incidente potrebbe aver pregiudicato nelle potenzialità di recupero ottimale la funzionalità della tibia e del perone di S.B., con insorgenza di rischi di possibili complicanze anche a distanza di tempo. Il paziente ha richiesto un accertamento tecnico per verificare l’esistenza di un nesso di causa tra un difetto del materiale di sintesi, la sua rottura e le conseguenti lesioni. «Al momento non sappiamo se quanto accaduto è dovuto a errori di tecnica chirurgica o a un difetto di costruzione e di usura del materiale utilizzato. A fronte di questo, S.B ha deciso di citare in giudizio l’azienda per ottenere il risarcimento», dice Del Casale.

S.B. dopo mesi di dolori lancinanti è stato sottoposto ad un nuovo intervento ma questa volta le protesi sono state infilate nelle ossa e non all’esterno. «Il mio cliente sta meglio ma è claudicante. Ha sopportato un doloroso calvario. Legittima la sua pretesa di chiarezza e giustizia», conclude l’avvocato.

il centro (p.c.)

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