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Vasto Film Fest, calato il sipario vediamo come è andata

La Ventesima edizione del Vasto Film Fest è ormai nel cassetto dei ricordi ed a mente fredda è il tempo di analizzare quello che abbiamo avuto modo di osservare e vivere. E come è ovvio non si può non iniziare questo breve viaggio se non dalla direzione artistica affidata per la prima volta all’attore e regista molisano Stefano Sabelli cui va riconosciuto certamente il merito di aver proposto alcune novità molto interessanti che hanno trovato riscontri positivi nel pubblico, il tutto condito da una grande preparazione e un innegabile impegno che ha portato talora qualcuno a dire ironicamente “se continua così gli viene un infarto”. Un impegno che ha trascinato anche il resto della famiglia intenta finanche a vendere le cartoline (tante) all’ingresso dei giardini d’Avalos per finanziare il restauro di pellicole storiche o a rientrare i cartelloni pubblicitari nei pressi della residenza marchesale.

Però, nonostante questo, non proprio tutto è andato per il verso giusto. La necessità di tenere sotto controllo ogni cosa nella prima direzione del festival lo ha condotto a fare salti mortali dovendo pensare ai fiori, alle targhe, al personale tecnico bloccato dalla chiusura del traffico alla Marina, alla pioggia, ai permessi per la sosta dei mezzi, oltreché ai suoi compiti di direttore artistico. Il che ha fatto risaltare anche una sorta di sfilacciamento con l’Amministrazione comunale, culminata nella terza serata con lo spostamento degli ospiti nell’androne coperto del cortile dove un’eco fastidiosa impediva di ascoltare la voce degli artisti, quando al piano superiore esiste una Pinacoteca audio-attrezzata che approntata in tempo avrebbe potuto rispondere meglio all’esigenza del momento, e una sorta di acerbità (normale quando si è alla prima volta) con tante piccole disfunzioni (vedasi la scarsa illuminazione nella prima serata inaugurale, la sistemazione delle sedie nei giardini quando la gente era già pronta ad entrare se non addirittura costretta e posizionarsi la sedia per conto proprio).

Segno più per il rapporto instaurato con la Cineteca nazionale che avrà i suoi effetti postivi anche nella prossima stagione ed anche per la conduzione affidata a una disponibile quanto brava e professionale Daniela Poggi e allo stesso artista campobassano, che hanno saputo dare quasi un carattere ‘familiare’ agli incontri tra ironia e tematiche attuali e serie.

Altra nota positiva viene dalla scelta degli artisti, che hanno saputo parlare di un mondo italiano del cinema ancora in fermento nonostante i pesanti tagli alla cultura, raccontare pagine di valori dalla immigrazione all’amore, hanno saputo rappresentare esempi di talento, poliedricità, eclettismo, ma anche fatica, rischio, voglia di credere e portare avanti le proprie convinzioni e i propri progetti.

Inutile rivolgere apprezzamenti alla splendida mostra di scatti di Angelo Frontoni curata dalla Cineteca nazionale dal titolo “Bellezze al bagno”. Immagini di quanto il cinema aveva ancora le sue ‘dive’ ben ambientate nei giardini d’Avalos, anche se alla sera qualcuna restava molto in ombra; peccato che non si sia pensato di prolungarne l’apertura per una o due settimane.

Di buon successo le altre due grandi novità del ventennale, ovvero i CineLab al Teatro Rossetti, dove soprattutto i giovani filmaker, ma anche gli appassionati, hanno potuto confrontarsi con registi, attori, studiosi e conoscere ancora meglio le tecniche i vizi e le virtù di un mondo che è sempre stato visto come magico. E qui la nota di merito va ad Agostino Ferrente che ha profuso davvero tanto di se stesso nelle giornate vastesi.

Che dire dei Cine-concerti: molto belli, davvero particolari, che hanno saputo spaziare dal soul di Pannofino alla delicatezza degli Avion Travel, dai testi interpretati di Haber alla tradizione folkloristica napoletana e abruzzese con tanti musicisti bravi. Certamente un esperimento che ha arricchito, e molto, il festival, che ha consentito ai presenti di poter toccare con mano (è proprio il caso di dirlo) gli artisti, parlare con loro, farsi dei selfie e farsi fare gli autografi, però, d’altro canto, ha svuotato di significato la presenza e la premiazione degli ospiti sul palco del cortile.

Dunque, come sempre non è tutto oro quello che luccica, ed allora vediamo quali sono state le critiche che maggiormente abbiamo ascoltato. Tanto per iniziare è mancato il grande pubblico e le ragioni possono essere tante a cominciare dalle pessime condizioni meteorologiche, ma non solo. Dopo 7 anni di “totalmente gratuito” quest’anno ci si è ritrovati a dover pagare un po’ tutto e, soprattutto, dover pagare una prima visione come un lungometraggio. Certo non sta scritto da nessuna parte che le offerte (soprattutto se ritenute di qualità) debbano essere gratuite, ma come accade in ogni incontro domanda offerta nel mercato ogni prezzo deve essere commisurato al prodotto.

Noi consideriamo l’offerta artistica presentata di ottimo gusto, ma, probabilmente, è mancato il grande nome di richiamo (e ci scusino i grandi artisti che hanno partecipato) in alcune serate e le prime tv in grado di trascinare soprattutto i giovani. E non solo, è presumibile che i tempi ristretti per l’organizzazione non abbiano consentito di attuare una più efficace campagna di comunicazione sul territorio vasto, mentre molta attenzione è stata dedicata dalla stampa locale all’evento.

Qui, però, ci si addentra in un altro discorso che reputiamo molto importante. Crediamo che già nelle prossime settimane l’Amministrazione comunale debba sedersi intorno a un tavolo e chiarire che cosa vorrà fare di questo Festival. Perché lo schermo non teso nel cortile d’Avalos che ondeggiava ad ogni folata infastidendo e non poco le visioni, il palco spoglio, il disinteresse della piazza lontana dall’evento anche per la cancellazione della passerella degli artisti sul tappeto rosso che rendeva tutto (anche l’attesa) così charmant, la chiusura dell’evento affidata a un cortile con solo 15 persone non appartengono certamente a una manifestazione di rilievo (costata comunque alle casse comunali 56 mila euro) né tantomeno agli sforzi, tanti, profusi dal buon Sabelli.

Certo, i ‘personaggi’ e tutto quanto appena descritto appartengono ad annate nelle quali si spendeva il quadruplo se non di più del budget di quest’anno e probabilmente il tentativo di diversificare l’offerta dalle passate edizioni dandole anche una connotazione “Adriatica” richiede una sorta di processo di ‘educazione’ del pubblico, ma se è stato coniato un adagio quale “un finale coi botti” un motivo ci sarà, ed allora anche qualcosa da rivedere ci sarà, magari pure sacrificando la location dell’Arena alle Grazie.

Ed allora, a cascata, vengono in mente anche altre considerazioni, a cominciare dal perché dopo 20 anni il Vasto Film Fest non abbia ottenuto il riconoscimento del Ministero della Cultura e dello Spettacolo; perché l’affidamento dell’organizzazione deve avvenire nell’ultimo bimestre prima che esso venga realizzato, quando basterebbe che ciò accada a settembre perché gli stessi organizzatori provino a cercare degli sponsors per coprire in gran parte le iniziative. Domande alle quali speriamo che qualcuno possa dare delle risposte.

Luigi Spadaccini

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