Durante queste feste natalizie ho ascoltato con piacere nelle Chiese della città, ma anche in quelle di Isernia, dove sono stato qualche giorno, il dolce canto di “Tu scendi dalle stelle”. Grande è stata, però, la mia meraviglia quando, alla domanda, di chi ne fosse l’autore, molti mi hanno risposto: “Un anonimo!”. La celebre canzoncina invece ha un autore ed anche una data di composizione. Fu infatti composta nel 1755 da S. Alfonso Maria de’ Liguori, il quale già nel 1732 aveva stampato una prima raccolta di sue “Canzoncine spirituali”, tra cui figuravano melodie, che ancora oggi risuonano in tutta Italia, da quella mariana “O bella mia speranza” all’altra natalizia “Fermarono i cieli”.
Chi è S. Alfonso?
Alfonso: è il nome di alcuni cittadini vastesi. Ciò vuol dire che i nostri avi conoscevano bene questo Santo, per sentire il bisogno di chiamare con il suo nome i propri figli. Oggi probabilmente sono pochi a conoscerne la statura morale e culturale.
Ne do pertanto un breve profilo.
S. Alfonso nacque a Marianella, sobborgo di Napoli, il 27 settembre 1696 da Giuseppe, capitano di una galera della flotta del Regno di Napoli, e dalla nobildonna Anna Caterina Cavalieri. Di intelligenza molto viva, il 21 gennaio 1713, ad appena 16 anni, riuscì a conseguire la laurea in diritto, che gli aprì le porte di una splendida carriera. Ma dopo alcuni anni, indignato per i tanti intrighi ed intrallazzi dell’ambiente forense, egli, che era nemico di qualsiasi compromesso, abbandonò per sempre i tribunali e si dedicò ad una intensa vita spirituale, che lo portò, il 21 dicembre 1726, al Sacerdozio.
L’impegno per i più abbandonati
Da quel giorno si aprì per il Santo il campo dell’apostolato, che egli dedicò soprattutto a favore della gente più umile e più povera. E fu tra le popolazioni delle montagne, che circondano la costiera amalfitana, ad avere l’interiore aspirazione di fondare, nel 1732, la Congregazione del SS. Redentore, dedicata alla salvezza delle anime più abbandonate.
Nel 1762 fu nominato dal Papa Clemente XIII Vescovo di S. Agata dei Goti (Benevento). Resse quella Diocesi con uno zelo veramente infaticabile, preoccupato soprattutto di venire incontro alle difficoltà dei poveri. E, quando a S. Agata e nei paesi limitrofi ci fu una terribile carestia, egli vendette ben volentieri la sua carrozza e il suo cavallo, per procurarsi il pane da altre città e distribuirlo alle famiglie più bisognose.
Fecondo scrittore
Nonostante i suoi numerosi lavori apostolici, non tralasciò mai l’attività di scrittore. Lo aveva fatto prima tra una Missione e l’altra, lo continuò da Vescovo e negli ultimi anni della sua lunga esistenza a Pagani (Salerno), dove si era ritirato. Con stile semplice ed efficace stampò ben 111 opere, alcune delle quali, ristampate migliaia di volte in milioni di copie, gli hanno fatto raggiungere le ventimila edizioni in più di 70 lingue.
Un vero record per uno scrittore: cosa che non può vantare neanche il grandissimo drammaturgo inglese Shakespeare!
Morì il 1 agosto 1787. Pio IX nel 1871 lo proclamò Dottore della Chiesa.
Apprezzato cantautore
S. Alfonso, quindi, forte tempra di fondatore, zelante apostolo di anime, uno dei più grandi scrittori del ‘700. Ma anche un musicista religioso molto amato dal popolo. Era un autentico napoletano e non poteva non sentire la poesia del canto. Le sue canzoni erano facili e orecchiabili perché chiunque, cantandole, potesse elevare il pensiero a Dio. Tra queste la più popolare è “Tu scendi dalle stelle”.
Storia della composizione
L’origine della canzone è alquanto curiosa. E val la pena di raccontarla. S. Alfonso si trovava a Nola per la predicazione natalizia, ospite presso Don Michele Zambatelli, quando ebbe l’ispirazione del motivo pastorale. Don Michele, ascoltando il canto, chiese al Santo il permesso di copiarlo, ma questi gli rispose che non poteva darglielo prima che fosse stampato. Appena però S. Alfonso si recò in Chiesa, lasciando la canzoncina sul tavolo, Don Michele la copiò segretamente e se la mise in tasca. La sera il Santo intonò la nuova melodia dinanzi al popolo meravigliato e Don Michele lo ascoltava estasiato. Ad un tratto il cantautore si interrupe, non ricordandosi più alcuni versi. Si rivolse allora al chierico, che gli era accanto, pregandolo di andare a chiedere a Don Michele la copia della canzone. “L’ha in tasca!”: aggiunse sicuro.
Nel ricevere questa ambasciata, Don Michele diventò rosso e stava per consegnare il foglio, ma già il Santo continuava il suo canto. Tornato a casa, disse poi scherzando al suo “padrone di casa” che gli avrebbe intentato un processo per furto di manoscritto.
Così è nata questa canzoncina che vive tuttora nella tradizione popolare, e che, cantata in tutto il mondo, ha fatto esclamare allo stesso Giuseppe Verdi: “Senza questa pastorale di S. Alfonso, Natale non sarebbe più Natale”.
Luigi Medea